«L’utero è mio e lo gestisco io»: è da questo sillogismo totalitario del femminismo che deriva l’idea del nascituro quale ‘un pezzo’ di utero?
Ciò che le femministe ritengono intoccabile è in realtà la libertà sessuale. Tutto ciò che in qualche modo tocca questo tipo di libertà, viene vissuto con grande fastidio. Ma opporsi all’aborto non significa negare la libertà di vivere la propria sessualità. Il problema è che c’è di mezzo un’altra vita. Mi fa molto piacere il successo di ‘Unplanned’, il film che tratta la storia di una donna che ha abortito e che lavora in una clinica di Planned Parenthood: ha modo di assistere a una ecografia durante un aborto e, vedendo che il bambino nella pancia si ritrae al momento dell’operazione, capisce che lì non c’è solo un utero, ma anche una vita e, quindi, tutte le sue certezze crollano come un castello di carta. Eppure non era né religiosa, né plagiata. Era una donna, si direbbe oggi, libera. Tutte le donne che si battono per l’aborto dovrebbero vedere questo film, tratto da una storia vera.