Con l’emergere della crisi energetica tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, ci siamo resi conto delle conseguenze di un approccio ideologico dell’ambientalismo basato sul ‘tutto e subito’. Si tratta di una visione che ha portato l’Europa a dismettere fonti energetiche tradizionali ma imprescindibili per il sostentamento energetico di famiglie e imprese, ritrovandosi all’interno di una tempesta perfetta in cui hanno inciso fattori geopolitici come la guerra in Ucraina. All’improvviso, è diventata evidente la necessità di una maggiore autosufficienza energetica sia europea sia italiana. L’Italia si trova oggi nella scomoda posizione di una potenza industriale che è costretta a importare la stragrande maggioranza della propria energia. Secondo la ‘Relazione annuale sulla situazione energetica nazionale’, nel 2020 il 73,4% del nostro fabbisogno è stato soddisfatto solo grazie alle importazioni nette. Vuol dire che dipendiamo per la quasi totalità da importazioni e quindi ci troviamo in balia di fattori esterni che non siamo in grado di controllare. Una situazione nata sia dalla carenza di materie prime del nostro territorio nazionale sia, soprattutto, da scelte politiche che negli anni si sono rivelate miopi, prive di una progettualità e spesso caratterizzate da vere e proprie contraddizioni.
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