Nonostante le sue antiche e nobili origini – la caccia è la più antica pratica rituale della storia – e i circa 700mila cacciatori italiani oggi in attività, possiamo dire che la caccia è da decenni uno dei bersagli ante litteram del moralismo ipocrita del ‘politicamente corretto’?
Parto dal presupposto che viviamo nella dittatura del politicamente corretto e la caccia non è considerata politicamente corretta. Faccio un esempio concreto: io stesso ho incontrato rappresentanti di Associazioni animaliste e mi sono sentito qualificare come un ‘assassino’. Poi però, quando ho fatto notare che loro stessi non mancavano di alimentarsi di carne, mi sono sentito rispondere che la loro era un’esigenza alimentare, mentre il mio puro sadismo. Dunque, se è vera questa metafora e questo sillogismo, io posso pure accettare questa etichetta, ma questi signori sarebbero i miei ‘mandanti’: chi è più colpevole? Non è evidentemente questa la chiave per parlare della caccia e di chi non la gradisce, ma chi ragiona così non lo capisce. Siamo a questo livello del dibattito: viviamo in un mondo in cui tutti i media sono a priori contrari alla caccia, a qualunque livello.