Il sottotitolo del suo ultimo libro è una condanna senza appello all’attuale stato di cose: perché e in che senso – come dice nel testo – «non siamo più padroni del nostro destino»?
Non lo siamo più perché il sistema in cui siamo vissuti, almeno fino al crollo del muro di Berlino, ha cambiato pelle senza che noi ce ne accorgessimo. I meccanismi della globalizzazione hanno fatto sì che la nostra società non abbia più mirato a un equilibrio virtuoso tra principi, realtà economica sociale e comunicazione, bensì a esportare uno stile di vita unificato in tutto il mondo, facilitando concentrazioni di potere che non hanno precedenti nella storia della democrazia e del capitalismo. Tutto ciò è avvenuto senza che questo processo venisse metabolizzato dal ‘pubblico’. C’è stato un cambiamento della nostra realtà senza che ci fosse una vera presa di coscienza. Una delle conseguenze più nefaste è, d’altra parte, quella sensazione che molte persone provano, quasi di un malessere, a tratti un vero e proprio disagio, non del tutto spiegabile razionalmente. Quella sensazione di sentirsi quasi impotenti rispetto a eventi di cui non si comprende la reale portata, subendone però gli effetti più malevoli.