La visione politico-economica dell’Unione Europea e le misure attuate dai governi degli Stati membri ruotano tutte intorno al concetto del debito pubblico e dell’austerity. La campagna mediatica per il pareggio di bilancio e la lotta al debito pubblico, che durante il periodo pandemico hanno subito solo una parziale e temporanea pausa, sono stata così insistenti e pervasive nel corso degli anni da essere completamente interiorizzate dall’opinione pubblica.
Attraverso una sapiente opera manipolatoria, la questione del debito è stata ricondotta a una categoria etico-morale, da cui deriva che le politiche di austerità rappresentano l’unica strada percorribile, nonché la pena necessaria e inevitabile per espiare i peccati commessi. Facendo leva su sentimenti innati nell’uomo, quali il senso di colpa e di peccato, teorie economiche prive di fondamento scientifico sono state riconosciute come assiomatiche e perciò inconfutabili. Tagli alla spesa pubblica, inasprimento fiscale e ricorso massiccio alle privatizzazioni e alle (s)vendite di asset pubblici nazionali a investitori privati e/o stranieri sono le ricette che i globocrati di Bruxelles, aderendo al paradigma assiomatico neoliberista, hanno prescritto agli indegni scialacquatori, i cosiddetti Piigs.