Nell’ormai lontano Maggio 2018, durante un confronto nel cuore del Parlamento Europeo, nell’aula chiamata Emiciclo nell’edificio Paul-Henri Spaak situato a Ixelles (uno dei tanti comuni che formano la confusa area urbana di Bruxelles), in uno dei suoi stravaganti interventi, Nigel Farage affermò senza troppi problemi e con un’invidiabile schiettezza che “il Belgio non è una nazione; è una creazione artificiale” sottolineando la sua più totale frattura nazionale, identitaria e probabilmente politica. Non contento ha inoltre sottolineato di come non si sia meravigliato del fatto che il Belgio volesse ”proiettarsi verso un maggiore livello Europeo” (date le lacune relative ad una concreta unità nazionale); senza aver prima sottolineato l’astio che lega i due ceppi linguistici e regionali dei Valloni e i Fiamminghi. Per quanto Nigel Farage non sia un intellettuale e né tantomeno uno storico, e per quanto spudoratamente taglienti siano queste parole, le affermazioni del politico britannico non sono per nulla campate in aria.
Autore
Alessandro Di Giorgio

Alessandro Di Giorgio
Appassionato di storia e sociologia, scrive di politica. Tratta di Neoliberalismo, globalizzazione e società contemporanea con occhio critico. Aspirante scrittore, risiede a Budapest.