Ci ritroviamo a vestire, metaforicamente con un abito d’inchiostro e vita, altre pagine di questo grande ed intoccabile libro: quello delle donne che odiano-umiliano-manipolano gli uomini. C’eravamo lasciati con l’amarezza che impregna l’omertà, la vergogna (quando si tratta di fidanzati/mariti maltrattati) e la dolcezza per le “risalite”, dopo le famose “discese ardite”. “Macte nova virtute, puer, sic itur ad astra”: “Coraggio, fanciullo, è così che si arriva alla gloria”. Perché la “persona giusta” non esiste, siamo d’accordo, ma esiste chi ci aiuta a ri-trovarci, a costruirci. E chi, invece, non fa altro che distruggere, demolirci. Dobbiamo, quindi, avere il coraggio di premiare le prime, allontanando le seconde: persone, ovviamente.
Del resto, la vita non è un rettilineo o un film dal finale conosciuto. È tutto molto più articolato e tortuoso, ma affascinante: una curva imprevedibile, un nuovo percorso da intraprendere (nonostante la destinazione prevista dal “programma di viaggio”). E forse, il bello sta proprio qui: la nostra esistenza non è un encefalogramma piatto, un battito monotono del cuore, una guida su strade dritte senza twisties (“percorsi con molte curve”, nel motociclistico slang). Spesso ci dimentichiamo di questo: spesso, peggio, ci dimentichiamo di noi. Così stiamo zitti. Diventiamo i diplomatici pacifisti che devono “capire e sacrificarsi”: una volta e poi, sempre di più.Allora proviamo e riproviamo: “Dai, tanto prima poi questo periodo passerà…”. Facciamo sforzi immani, rinunciamo in nome di “entità superiori” o nel ricordo de “l’amore degli inizi”. In gioco, però, c’è la nostra vita. E il tempo che investiamo, magari con le migliori delle intenzioni, ma che sottraiamo a noi stessi e a chi potrebbe rendere più piacevole questo “vagabondare nel mondo”.
A volte aleggia un fantasma, che gironzola nella testa: di nome fa Paura, il cognome è Di scegliere. E allora, sempre la testa coi suoi meccanismi di conservazione, ci fa dire: “Ok, lascio tutto così come è”. Certo è più comodo (quelli bravi la chiamano comfort zone). Ma ciò che si scegli per paura o automatismo, esclude cose “altre” e probabilmente, migliori: “Se solo avessi fatto questo passo prima…”.
Del resto l’uomo è sì marmo, ma anche (soprattutto) scultore. A volte, però, si comporta come se fosse del pongo indifeso.

(STAVOLTA SIAMO) D’ACCORDO CON AMNESTY INTERNATIONAL
“Sebbene meno spesso, anche gli uomini subiscono alcune forme di violenza all’interno della sfera domestica e la Convenzione incoraggia i governi a riconoscere questa violenza e ad applicare le sue disposizioni a tutte le vittime di violenza domestica, indipendentemente dal loro genere o dall’identità del genere”. Il riferimento è quello alla Convenzione di Istanbul, dove si riconosce ed evidenzia la realtà della violenza ai danni degli uomini. Eppure, finora, nessun governo si è occupato di questa scomoda verità. Figuriamoci l’opinione pubblica: troppo indaffarata nel colpevolizzare chi, quasi sempre, colpe non ha. E infatti, quando qualcosa non funziona e si litiga spesso, gli occhi rabbiosi e le dita puntate addosso contro chi si scaglieranno? Contro l’uomo, che domande! Colui che deve capire, subire e pagare più di tutti.
LA PERICOLOSA RETORICA DELL’AGGIUSTARE SEMPRE TUTTO
“Homo faber fortunae suae”: partendo dal latino, “faber” è sia “artigiano, fabbro” che “artefice”, nella traduzione in italiano. L’uomo, quindi, come colui che costruisce (e che, magari, aggiusta pure). È un bellissimo concetto, un’immagine romantica e suggestiva. Costruire è importante, ricostruire non sempre. E “aggiustare”, comunque, lascia crepe non sempre risanabili. Un conto è un vaso (come ci insegnano i giapponesi con la tecnica del Kintsugi), ben altro ostinarsi. Nessuno osa affrontare questo scomodo misfatto: quello della mamma egoista che denigra e/o ricatta il “papà colpevole”. Così, quest’ultimo, pur di andare incontro al proprio figlio e di farlo felice, cosa fa? Subisce, aggiusta (o almeno è quello che pensa di ottenere). Tutti parlano e difendono le mamme. Nessuno, invece, si occupa dei padri: noi, però, vogliamo parlare proprio di loro. E, più in generale, di tutti quegli uomini ai quali nessuno dà voce.

QUANDO IL PADRE È LA PRIMA VERA VITTIMA
Diamo per assodata la cornice (quella delle violenze contro gli uomini), ora occupiamoci del quadro (le ripercussioni di questa su ogni singolo ruolo). “La mamma maltrattata e poi uccisa dal padre dei suoi figli”: disumana atrocità, siamo d’accordo! Ma parliamo, anche, delle “mamme” che esercitano violenza nei confronti degli stessi: i padri dei loro figli, appunto. Chiamasi “alienazione parentale”, si traduce con “aizzare il senso di colpa”. Un senso di colpa che è sempre sbagliato e altrettanto pericoloso. Del resto, il confine che separa questo dal ricatto è davvero molto labile. E come si manifesta questa alienazione? Semplice: attraverso la denigrazione dell’altro genitore (che di solito è proprio il papà). Perché “la mamma è buona e ha sempre ragione”, dicono. Ritorna il tema che abbiamo trattato: la donna/mamma che manipola e minaccia. E il genitore “anello debole”, cosa farà? Cercherà di fare uno sforzo immane per “il bene del proprio bambino”, senza considerare l’inevitabile sequela di danni che si stimeranno nel medio/lungo termine. Danni sul figlio, danni su stesso (con la prevedibile compiacenza della subdola carnefice).
NEL MONDO DI CHI AIUTA
Addentrandoci nel mondo delle onlus e dell’associazionismo, troviamo anche AVU (Associazione Violenza Uomini), situa in Catania. A Milano, invece, dal 1989 c’è APS (Associazione Papà Separati): “Siamo un’associazione di genitori separati che si aiutano l’un l’altro a titolo totalmente gratuito…sentire le esperienze degli altri e i suggerimenti di chi ci è già passato (…) aiuta a non sentirsi da solo e a commettere meno errori possibili per il preminente interesse dei figli”. Oltre ad una accoglienza calorosa ed empatica, si offrono colloqui e consulenze con psicologi ed avvocati. È estremamente importante che passi questo messaggio: nonostante la criticità e la delicatezza di ciò che state attraversando, non siete da soli e potete/dovete chiedere aiuto.
STORIE VERE: “SONO DISPERATO! MIA MOGLIE MI HA CACCIATO DI CASA…”
Tutto nasce con una telefonata. Siamo in Sicilia: “Sono disperato, mia moglie mi ha cacciato di casa e minaccia di non farmi vedere i nostri figli”. Una testimonianza purtroppo frequente, che rimane sempre una pugnalata al cuore. I primi ad accogliere la storia di Marco (nome di fantasia), sono due avvocati. L’umiliazione e i disagi più disparati subìti da Marco hanno unito la sfera psicologica (senso di inadeguatezza e colpa) a quella più materiale: la difficoltà nel potersi permettere un semplice pasto. Per fortuna, il coraggio di questo uomo/padre a suo modo violentato, non è venuto meno. Si è fatto sentire ed è stato aiutato.
“SONO TORNATO A CREDERE NELL’AMORE”
Questa è invece la storia di Stefano (altro nome di fantasia). Operaio cinquantenne, lombardo. Una vita tutta casa e lavoro, lavoro e casa: “Nessun vizio” ma un’ammirevole vocazione per la propria famiglia. Stefano ha un figlio che adora. Ed anche suo figlio adora lui: “Non mi perdo neppure una partita, un allenamento”. Stefano ha subìto per anni la frustrazione per un matrimonio “non felice”: “Non ho mai fatto mancare nulla a mia moglie, siamo sempre andati anche in vacanza…eppure lei era triste e insoddisfatta”. Stefano però si sacrifica: “Per il bene di mio figlio”. Poi succede qualcosa: “Mi sentivo trascurato…ho conosciuto un’altra donna e me ne sono innamorato”. Si impegna per reprimere questo nuovo sentimento: continua a fare il suo “dovere di marito e padre”. Ma le cose non cambiano: la moglie continua a vessarlo. Poi un giorno, scatto d’ira e una sigaretta accesa si scaglia contro il viso del povero Stefano: “Sono intervenuti i carabinieri”. Il suo racconto continua: “Il rapporto era sempre ‘non dei migliori’. Ho lavorato 7 su 7 e volevo rimettere ‘le cose a posto’…un giorno ho fatto giardinaggio mentre lei era uscita…al ritorno mi ha tirato uno schiaffo e si è messa ad urlare…”. Stefano ha trovato il giusto ascolto nelle sedi opportune (non è quindi vero che “per gli uomini/padri sia tutto perduto). E, cosa ancor più importante, ciò che tanto temeva non è minimamente accaduto: il rapporto con il figlio non è stato in nessun modo compromesso. “Ora sono sereno”, conclude. Una serenità legittima e meritata.
“LA MIA EX FIDANZATA MI HA MANIPOLATO”
“Sono andato anche in terapia perché ero ossessionato da questi continui ‘tira e molla’. Ogni volta che cercavo di riprendermi, lei tornava ed io ci ricascavo…”. Questo invece è il racconto Luca (lo chiameremo così). Ha 36 anni, piccolo comune del sud Italia, la passione per la musica (che è diventato il suo secondo lavoro). A Luca non manca nulla: quando suona alle feste o nei locali, tante ragazze sono catturate dal suo aspetto piacevole e dal bel sorriso: “Ho provato a voltare pagina ma poi ricascavo” dice. “Lei era molto gelosa e spesso mi ritrovavo alle serate nelle quali suonavo, il suo miglior amico: mi faceva controllare”. Luca è “innamorato”: ma un “amore” malsano, di certo non è Amore. Nonostante il “fantasma della ex”, decide di frequentare una ragazza. Eppure, le cose stentano a decollare: “Lei continuava a mandarmi dei messaggi: ‘Ho sbagliato, scusami, ritorna!’”. E Luca che fa? Ci ricasca…interrompe la frequentazione in corso, si riavvicina alla ex. Ma lei non è affatto “cambiata” e tutto torna come e peggio di prima. Poi lui crolla e finalmente decide: “Dopo mesi infernali, mi convinco a chiedere aiuto e ad andare dallo psicologo”. Non è un percorso facile, ma di certo necessario: “Mi aveva fatto il lavaggio del cervello”. Luca, intanto, si è fidanzato con un’altra ragazza: “Lei è la mia sostenitrice n⁰1!”. Del resto, anche quella psicologica è una vera e propria violenza: a confermarlo è l’Ordine degli psicologi dell’Emilia-Romagna: “Non la riconoscono come forma di violenza e invece è una delle più forti e distruttive espressioni manipolatorie di esercizio del potere e del controllo sulla persona”. Prendere in mano le redini della propria vita non solo si può, ma è necessario. Per il bene di tutti.

IL NOSTRO VIAGGIO NON SI FERMA QUI
Queste sono solo alcune storie e voci, tra le tantissime che stentano a trovare ascolto e doveroso spazio. La retorica stucchevole, il monopolio dell’attenzione mediatica ed una catena fittissima di assiomi pericolosi, portano l’uomo a “subire e tacere”. Ma un uomo che si ribella non è meno uomo. Ed il ruolo genitoriale prevale su quello coniugale: un figlio è il solo, certo e meraviglioso, eterno amore. Del resto non siamo tasselli interscambiabili, ma pezzi di un puzzle che non si completa con chiunque. L’amore è sano, l’amore non umilia. L’amore è misteriosa magia ed inspiegabile forza: una forza che deve portare ristoro (non sacrificio personale e sottomissione relazionale). Si dice che la vita sia il dono più prezioso. E allora, non regalate la condivisione della vostra esistenza a chi ha giocato con la vostra dignità. Cari uomini che soffrite, non vergognatevi. Chiedete aiuto, se dovete. Abbiate coraggio e siate speranza. E non “date speranza” a chi non riconosce e merita il vostro inestimabile valore.
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