IL MITO DELL’EUROPA IN DRIEU LA ROCHELLE

da Elio Della Torre

«Mi chiedono se conviene / cantare questa Europa / so solo che è giusto / tutto il resto non importa» recitava una vecchia canzone della Compagnia dell’Anello. In effetti, questa Europa, che è pure peggiore di quella che Junio Guariento – fondatore della band – vedeva già deformarsi nel lontano 1977, non ha nulla di quella Europa da lui poeticamente decantata. Sulle note di quella chanson dedicata all’Europa si è fortificato il sentimento europeo della gioventù che, dopo la tragica fine del secondo conflitto mondiale, sentiva di aver perduto, oltre la guerra, anche la patria. Uno dei più convinti cantori di quella patria chiamata Europa, che nel 1945 aveva conosciuto la sua fine, già nel 1931 scriveva profeticamente: «L’Europa vincerà le patrie che adesso la sconvolgono». Sono parole vergate da Pierre Drieu La Rochelle nel pieno del vortice nazionalista che aveva portato le nazioni europee allo scoppio della Grande Guerra prima, al crollo degli Imperi sovrannazionali poi e, infine, alle grandi rivoluzioni del Novecento.

Molto prima che numerosi europei, i quali sul gretto nazionalismo avevano visto fondare i rispettivi movimenti fascisti d’appartenenza, partissero volontari da tutta Europa per la resistenza sul fronte orientale, difendessero le rovine di una città fumante e agonizzante dall’invasione bolscevica e così scoprissero, soltanto in punto di morte, il mito dell’Europa, Drieu scrutava l’orizzonte oltre la distruzione della Guerra e, al di là delle laceranti divisioni ideologiche, dilatava politicamente e spiritualmente il proprio ancestrale nazionalismo, intravedeva in anticipo la resurrezione dell’Europa oltre la morte delle nazioni. Drieu non è stato soltanto uno dei migliori romanzieri del Novecento ma anche e soprattutto uno scrittore politico, «forse il più lucido testimone dell’esperienza europea del fascismo», si legge sulle pagine de L’Italiano in una recensione del 1968 all’antologia dei suoi principali scritti politici. Si tratta di Socialismo Fascismo Europa, una raccolta pubblicata nel 1964 da Giovanni Volpe Editore, dove venivano riuniti alcuni brani scritti da La Rochelle, selezionati da Jean Mabire e suddivisi in capitoli, ciascuno dei quali era preceduto da un’introduzione sempre curata da quest’ultimo. Con questa antologia il curatore intese ripercorrere l’itinerario dello scrittore francese nella vita, nelle opere, nello sviluppo delle idee, dove «l’Europa è l’oggetto e il socialismo la forma con cui plasmarla, il fascismo la loro sintesi», scrive Mario Michele Merlino nella prefazione alla nuova edizione stampata recentemente da Cinabro Edizioni.

Qui si può leggere il manifesto europeo del profeta La Rochelle: «bisogna fare l’Europa così come è necessario respirare per non morire». L’Europa di Drieu è un soggetto politico estremamente moderno e al contempo un’autentica eredità spirituale: è l’Europa soprae «contro le patrie» che si fa al contempo idea e patria comune, è l’unione delle nazioni negli «Stati Uniti d’Europa», è l’unione economica al di là del contrattualismo dei «trattati», è una realtà millenaria fondata sulla «federazione e la gerarchia» e, al contempo, una piattaforma geopolitica con un ponte verso l’Africa («si può costituire l’Europa Unita solo creando un organismo completo… con l’annessione dell’Africa, in modo che si estenda, come il Nord-America, dal circolo polare all’equatore») e le radici nell’Eurasia («la Russia appartiene all’Europa. Non si sa esattamente dove finisca l’Europa e dove cominci l’Asia. L’Eurasia non è un’astrattezza geografica»). Ma è anche e soprattutto un’«esigenza fondamentale» al pari di una necessità fisica così come il respiro lo è per gli uomini: l’unità viene considerata la condizione per la sopravvivenza e la rinascita delle nazioni europee («L’Europa si federerà o sarà divorata»). L’unità per Drieu significa forza, di fronte ai nuovi colossi dell’America e dell’Asia, e indipendenza, innanzi alla dicotomica alternativa tra capitalismo e comunismo. Attenzione – avvertiva già il nostro Drieu – non si trattava «di un sogno cosmopolita, di una fantasia intellettualistica». La Rochelle si sente di appartenere a quella schiera di uomini «che hanno amato la pace senza essere pacifisti, che hanno desiderato un accordo con la Germania senza essere germanofili, che hanno avuto sempre come punto di riferimento l’Europa senza essere internazionalisti». L’Europa, agli occhi di Drieu, è nientemeno che una «necessità urgente», «una miserabile questione di vita e di morte». «Senza l’unità, l’Europa sarebbe stata sommersa dai barbari», scrive in una delle prefazioni alla prima edizione Alfredo Cattabiani, traduttore dell’opera. Ma l’unione che gli europei all’indomani del 1945 hanno visto progressivamente tramontare – come dicevamo – non ha nulla o forse ha solo la scorza e non il nocciolo di quell’Europa per la quale Drieu provava un amore da lui stesso definito come «implacabile, intransigente, immorale». Così «immorale» da giungere ad accettare, forse illudendosi, il «tradimento» e la collaborazione con i tedeschi invasori della Francia e intravedere nella politica internazionale della Germania nazionalsocialista l’ultima occasione per l’Europa. Anche la Germania però avrebbe potuto assolvere al suo compito di guida federativa da lui assegnatole solo se avesse rinunciato al suo nazionalismo […]

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