Con l’avvento della rivoluzione industriale e con lo sviluppo nel tempo dei temi ad essa collegati vengono effettuate da varie parti proposte e progetti di città ideali concepite per migliorare la qualità della vita dei residenti e dei lavoratori. La crescita delle città comporta anche l’occupazione di zone marginali del territorio, con la formazione di nuovi insediamenti residenziali. Le periferie assumono così un ruolo centrale nella genesi di nuove politiche urbane.
Nella letteratura, in particolare con Pasolini, si afferma una visione particolare delle periferie. Secondo questa visione non si tratta di portare la cultura in periferia, ma di liberare i quartieri da un modello di citta chiuso che li vede esclusi ed emarginati, non solo a livello sociale ed economico, ma anche culturale.
Sul territorio la periferia è la parte più esterna della città. Ma com’è composta? Ci sono quartieri nati abusivamente e poi sanati grazie ai condoni, in cui ancora mancano tanti servizi, dagli asili agli ambulatori. Precaria è spesso l’illuminazione e la rete viaria. Vi sono però villette o perfino ville sfarzose. Poi esistono enormi complessi di edilizia residenziale pubblica (Tor Bella Monaca, per esempio), dove il reddito medio è di gran lunga inferiore alla media cittadina, la disoccupazione è alta ed anche molto diffusa è la dispersione scolastica.
Si fanno strada vari studi volti a cambiare le periferie, a trasformarle e a riqualificarle per consegnarle con piena dignità al tessuto urbano delle città. È sicuramente una delle leve per modernizzare il Paese. Innanzitutto, per una questione abitativa: circa il 60 per cento della nostra popolazione vive, appunto, nelle periferie. Ovviamente non sono tutte uguali e non hanno tutte gli stessi problemi. Diverso è il livello di degrado edilizio e urbanistico che le interessa, ma un tratto comune è il distacco, se non l’abbandono, rispetto ai centri urbani. Da Scampia a Napoli a Tor Sapienza a Roma, dallo Zen a Palermo a Borgata Vittoria a Torino.

La proposta di Renzo Piano
Vari studiosi se ne occuparono. Renzo Piano, in particolare, nella proposta di una filosofia urbanistica ideata proprio per intervenire nelle periferie. Una sorta di composizione fra microchirurgia, rammendo e tessitura. Con la creazione, per esempio, di nuovi spazi verdi (attraverso anche il modello dell’orto urbano), di trasformazione delle aree dismesse (industriali, ferroviarie e militari), di rilancio dei servizi per rendere sostenibile il trasporto pubblico, di efficienza energetica, di costruzione degli edifici più rappresentativi del tessuto urbano (dalle scuole alle università, dai tribunali ai musei). Insomma, secondo la teoria di Piano, la città deve proseguire dal centro verso la periferia, sino a formare uno spazio di continuità che non separi, ma unisca i territori.
Le periferie sono le città del futuro, dice Renzo Piano. “Quelle dove si concentra l’energia umana e quelle che lasceremo in eredità ai nostri figli. Le periferie siamo abituati a pensarle come qualcosa di marginale, non solo perché associate al degrado, ma anche perché residuali in quanto aride, desertificate dal punto di vista culturale e dei servizi. Marginali perché non vicine al nostro cuore.”
Quando alcuni anni fa il Presidente della Repubblica lo incaricò di uno studio sulle periferie urbane, Renzo Piano, che di mestiere fa l’architetto e può vantare il progetto di opere importanti come quella del Centro Pompidou a Parigi nel 1977, usò un termine nuovo e suggestivo per ricostituire il tessuto urbano. Parlò di rammendo delle periferie.
Rammendare richiama la possibilità di ricucire parti di tessuto urbano non del tutto compromesso, quindi recuperabile. Si può rammendare un abito senza che si noti la differenza nella parte sfilacciata: così dicono le sartorie specializzate e gli artigiani più bravi e così si può fare in parti di città con abilità e rispetto nel luogo. Quindi, si può intendere il rammendo come un intervento che ripristina lo stato precedente senza cambiamenti evidenti.
In questo senso si ha il mantenimento nel tessuto urbano con una propria stratificazione storica. Si ha un recupero del senso della tradizione come la ricostituzione del senso di comunità. La panetteria, il bar, il piccolo supermercato in questo contesto possono avere ancora una ragione di esistere, come luoghi di incontro e di interscambio sociale. Tuttavia, questo modello si è nel tempo disperso nelle grandi concentrazioni dei centri commerciali.
Anche la periferia nel PNRR
Una specifica misura di intervento sulle periferie è prevista dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in via di definizione tra il nostro Paese e l’Unione Europea. In questo Piano si prevede di riqualificare le periferie delle principali aree metropolitane del nostro Paese con l’obiettivo principale di ridurre l’emarginazione e le situazioni di degrado.
Saranno finanziati con questo investimento anche interventi per migliorare l’efficienza energetica e idrica degli edifici, con una attenzione particolare alla riduzione del consumo di suolo, anche attraverso operazioni di demolizione e di ricostruzione. Saranno sostenuti anche progetti legati alle smart cities, con particolare riferimento ai trasporti ed al consumo energetico. Questo nelle intenzioni, ma il bilancio si potrà fare solo all’approvazione del piano operativo.
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