Influencer e follower: una cosa delicata sfuggita di mano

da Enrico Galoppini

Nella nostra epoca, tra i fenomeni più caratteristici di quella che possiamo definire “inversione antitradizionale” vi è quello degli “influencer” e dei rispettivi “follower”. Milioni di “seguaci” che prendono a modello alcuni innalzati al rango di “guide”. Da un lato, l’atteggiamento dei più in cerca di qualcuno da seguire e persino imitare; dall’altro, la pretesa di alcuni di fornire stili di vita e modi di pensare. 

Ora, di per sé questa dinamica non rappresenta una novità, in quanto la maggioranza delle persone ha sempre cercato – o comunque guardato con riverenza ed ammirazione – un altro che avesse un “di più”. Ma la novità davvero inquietante è che tutto questo “seguire” ed “influenzare” è sfociata in una parodia di quel che tradizionalmente è sempre stato: il rapporto tra un maestro spirituale ed i suoi discepoli, che a sua volta replica quello dei profeti coi loro compagni; oppure, su un altro piano, quello militare, la relazione antica tra gli uomini d’arme ed i loro capi, effettivamente “superiori”, poi trasfusa nel Novecento nei movimenti di massa cosiddetti “totalitari”, nei quali masse sterminate versavano in uno stato di adorazione nei confronti di figure non a caso denominate “duce” e “führer”.

Oggigiorno, però, con la fine delle ideologie e di ogni illusione strettamente politica, e probabilmente terminata anche l’era in cui giovani “seguivano” alcune stelle della musica, non è rimasto altro che andar dietro a cose sempre più insensate quali i “gamer” o altri individui senza arte né parte che per il semplice fatto di pubblicizzare una borsa o un paio di scarpe (il più delle volte orrende), o anche solo fare lo scemo su TikTok, riscuotono un successo planetario che si traduce anche in parecchi soldoni.

Ma come si è arrivati a tutto ciò? Ovviamente non può essere colpa solo dei vari “social” e di chi ne detiene il controllo. Né del fatto che ci sono in giro parecchi personaggi che sognano di non lavorare spillando quattrini a gente annoiata. No, il problema di fondo è sempre d’ordine esistenziale e trova la radice nella concezione che, per l’appunto, si ha dell’esistenza. Perché siamo qua? Qual è il motivo per cui siamo venuti al mondo? Se proprio non vogliamo scomodare argomenti strettamente religiosi (per i quali lo scopo ultimo della vita è Dio stesso), possiamo dire che lo scopo di ciascuno è senz’altro quello di migliorarsi, elevarsi spiritualmente, attraverso le esperienze che andrà a fare in questa vita. 

Quindi, essendo evidente che non si persegue nessuna elevazione seguendo dei poveracci che inseguono a loro volta solo la chimera del loro ego, perché mai così tante persone ormai cadono in questa trappola? Il motivo è che manca un’idea chiara su cosa dev’esser fatto nel tempo che abbiamo a disposizione su questa terra. E non è un caso che sia ormai latitante tutto quell’apparato di “agenzie” finalizzato a non far fallire l’uomo in quest’imprescindibile compito. Che cosa dire infatti della religione organizzata quando anche gli “uomini di religione” s’atteggiano a “influencer” essi stessi, giustificando ogni stortura pur di non perdere un qualsivoglia consenso? Della scuola poi non è nemmeno il caso di parlare, poiché quella moderna nasce già male, con intenti chiaramente deviati rispetto ad una formazione tradizionale, anche se va detto che pure in quest’ambito si è assistito ad una progressiva inesorabile degenerazione dal Sessantotto in poi […]

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