Diagnosi di una nazione al tramonto

da Cristina Coccia

A metà maggio del 2023, nel corso degli Stati Generali sulla Natalità, il Ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Valditara, ha lanciato l’allarme sul calo demografico nazionale, concentrandosi sugli effetti negativi in termini di occupazione scolastica. Purtroppo, il Ministro dimenticava di porre una questione che, invece, noi, in questa sede, poniamo: la scuola, avendo a disposizione un quadro concreto della situazione precisa delle nuove generazioni, non avrebbe dovuto essere la prima istituzione a riconoscere i sintomi del collasso demografico e a denunciare il fenomeno della denatalità, in atto dal 1966 in Italia? Dagli anni Sessanta ci sono state piccole oscillazioni e leggeri aumenti, ma la tendenza è sempre stata la stessa: sono più di cinquant’anni che la popolazione italiana è in declino demografico. 

Eppure, mentre i docenti e i dirigenti vedevano le classi dimezzarsi, gli alunni delle scuole primarie diminuire di anno in anno, non sono state prese misure operative per analizzare le diverse cause del prossimo e inarrestabile collasso demografico italiano. Le classi che diventavano sempre più esigue sono progressivamente calate di numero e, in seguito, gli istituti sono stati accorpati. Il principale timore degli insegnanti era quello di vedersi trasferiti su sedi molto distanti, oppure di dover completare le proprie ore su più istituti. I docenti, gli esperti di tutte le diverse discipline, avrebbero potuto, con le loro competenze, analizzare il fenomeno, elaborare strategie su più fronti: sociale, economico, culturale, sanitario. Tuttavia, coloro che oggi lavorano nella scuola, in tutti i livelli gerarchici, hanno ben altre preoccupazioni – oltre, chiaramente, a quella della propria posizione sociale e lavorativa – e, tra queste, si impongono la ‘sicurezza’ e l’‘inclusione’.

Ecco: l’Italia, di questo passo, si estinguerà, ma in totale sicurezza e inclusione. ‘Inclusione’ è la parola d’ordine con cui nella scuola si è introdotta quella che è stata da alcuni definita ‘sostituzione’. Occorre essere chiari: l’inclusione non farà altro che accelerare il processo di disfacimento dell’organismo morente. Non ci saranno ‘sostituzioni’, perché nessuno prenderà il nostro posto nella scena della storia. I popoli non sono ingranaggi sostituibili di un unico grande meccanismo. Essi esprimono una loro precisa e innata fisionomia, in accordo con le condizioni dell’ambiente e del paesaggio, quando, nell’arco delle generazioni, raggiungono un punto di equilibrio con il territorio su cui si radica la loro cultura. La civiltà nasce dal radicamento: uomini senza radici non hanno alcuna visione del mondo quindi non esprimeranno mai alcuna civiltà.  

Ciò che muore non può essere riportato in vita.

Gli ultimi dati demografici del 2023 ci dicono che, al 31 dicembre 2022, la popolazione residente in Italia ammontava a 58.850.717 unità, -179.416 rispetto alla stessa data del 2021 (-0,3%). Il deficit incrementa nel Sud Italia, area in cui la tendenza al calo era meno evidente. Nel Nord il decremento è di -0,1%, mentre nel 2021 era di -0,4%. Anche al Centro il calo di popolazione è inferiore all’anno precedente (-0,3% a fronte del -0,5% del 2021). Il Sud, invece, passa dal -0,2% del 2021 al -0,6% nel 2022. I nati nel 2022 sono 392.598 (-1,9%), rispetto ai 400.249 del 2021, con lievissimi segnali di recupero al Sud […]

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