Si, viaggiare.

da Il Dispaccio

È arrivata l’estate e, con il naturale desiderio di viaggiare, porta con sé anche l’occasione – per lo meno per chi è più attento – di riflettere su cosa veramente viaggiare significhi.
Perché c’è, sì, il ‘viaggiare’ bulimico di chi vuole solo taggarsi dall’altra parte del mondo, ma c’è anche il viaggiare dell’avventura e della crescita, metafora della vita stessa.

Sarà possibile accorgersi come un vero viaggio sia molto più di un mero spostamento in cerca del meritato riposo, di cui i comfort sono null’altro che un prolungamento della routine giornaliera: la concezione comune di ‘viaggio’ è stata svilita in quella di una borghese ‘villeggiatura’, funzionale solo a ricaricarti per reinserirti più produttivo che mai. Chiaramente, non c’è nulla di male nel godersi un po’ di riposo ed è ipocrita negarne i benefici, ma è altrettanto vero che il riposo è veramente tale se restituisce l’identità che i ritmi contemporanei tentano di soffocare. Il viaggio si realizza compiutamente quando ciò che accade all’esterno è un riflesso di ciò che accade all’interno, conducendo il viaggiatore a una più consapevole scoperta di sé, che può maturare tramite il confronto con persone, luoghi ed esperienze sconosciuti, che possano scardinare i paradigmi che la routine quotidiana impone.

Al di fuori di quest’ottica, si ricercherà nei luoghi di viaggio la comfort zone dell’albergo comodo o dei pasti secondo i propri gusti e poi… le capitali europee non hanno ormai tutte la stessa puzza di fast-food?

Come tramandano i poemi tradizionali, il viaggio rappresenta un rito di passaggio, è il simbolo di un più profondo percorso interiore, per giungere alla conoscenza di sé e del Principio: viaggiare per conoscersi, per mettersi in gioco.

Hai mai viaggiato da solo? Hai mai scelto una mèta fuori dagli schemi? Quante estati ‘obbligate’ nei carnai delle isole greche o sulla sabbia patinata di Ibiza. Per una volta, invece, dovresti prendere lo zaino piuttosto che il trolley. Portare con te il necessario, nulla più e nulla meno, piuttosto che buttare dentro tutto l’armadio. Poi, partire senza troppo sapere del luogo dove vai, immergerti nella quotidianità locale, indugiare su un orizzonte e attendere l’alba. Senza telefono in mano. E incontrare i vecchi del luogo, confrontarti con qualche locale, sempre nel rispetto del luogo che ti ospita. Contare su di te e non porti i limiti di fronte agli imprevisti che a Milano Marittima o Gallipoli mai incontrerai.

Il viaggio è mettersi in cammino lungo una via, forti del proprio bagaglio: non tanto quello fisico, tra troppe medicine e troppe magliette firmate, bensì quello del proprio coraggio e della presenza a se stessi, per tutte le sfide cui l’avventura chiama.

Il viaggio è anche la condivisione con i propri ‘fratelli d’armi’, magari partendo all’avventura, per fortificare rapporti autentici, che si sostanzia non solo di sana goliardia, ma anche del vivere insieme situazioni inaspettate, rinunciare alle proprie pretese e rendere partecipi gli altri dei propri vizi e delle proprie virtù, rendendo così il gruppo sempre di più una testuggine. Trascorrere tempo e giornate intere insieme, scoprire luoghi, avventurarsi in nuove situazioni sono i modi migliori per forgiare uno spirito comunitario, che più di tutto sostiene i militanti e la Comunità nel loro percorso comune.

In fondo, la vita stessa è un viaggio, in cui non contano i chilometri, ma solo la capacità di alleggerire il proprio bagaglio dal peso di tutto ciò che, quando siamo partiti, ci sembrava essenziale e che invece, ora, è solo un ingombro.

VUOI CONTINUARE A LEGGERE QUESTO ARTICOLO?
ACQUISTA O ABBONATI ALLA RIVISTA:

Ti potrebbe piacere anche

Lascia un Commento