Il declino della Francia profetizzato dai suoi scrittori

da Flavia Costadoni

Quello che sta succedendo in questi giorni in Francia non è nuovo, la Francia vive in uno stato di guerra civile da moltissimo tempo ormai ma nessuno si sogna di mettere in discussione l’integrità e l’operato di chi la Francia avrebbe dovuto preservarla, così come il suo popolo.
È una crisi sociale e culturale che non è solo frutto di avvenimenti recenti ma un vero e proprio declino di un paese che non sa reggersi più sulle sue ossa e gli scrittori francesi lo sanno bene.

Scrittori-profeti o attenti osservatori

Quando ci muoviamo nel mondo della letteratura il rapporto tra realtà e finzione è cruciale, probabilmente uno dei temi più ricorrenti per chi studia la teoria della letteratura. Siamo portati a pensare che quando si parla di narrativa, l’unico vero prodotto che fruiamo sia l’immaginazione dello scrittore accompagnato dal suo talento di narrare. Eppure nell’epoca delle fake news, delle narrazioni ambigue questi scrittori che hanno inventato una storia per puro piacere narrativo è in realtà una riflessione o quasi una profezia su quello che sarebbe stato il futuro. Sembra assurdo pensare che dietro un romanzo distopico possa nascondersi una linea di verità, eppure leggendo 1984 di Orwell non possiamo negare quanto alcune dinamiche sono incredibilmente attuali.

Nel 1973 l’esploratore e scrittore Jean Raspail pubblica Il campo dei santi, una storia che narra di un santone indiano che radunato un cospicuo gruppo di proseliti decide di dirigersi in Europa per conquistare il loro benessere, in un’invasione pacifica e sotto gli occhi inermi della popolazione questa gigantesca migrazione finisce per cambiar radicalmente l’assetto sociale e culturale del continente. A permettere questo sono tutti i progressisti che ricoprono le elite dei paesi che in nome dei diritti umani e dell’accoglienza cambiano radicalmente la struttura del vecchio continente armati di sensi di colpa coloniali.

Non differente è il quadro di Michel Houllebecq, con Sottomissione (2015) non ha solamente paventato un’ipotesi non così lontana: il governo in mano ad un islamico che vuole imporre una sharia moderata. Importante è evidenziare come il protagonista, professore universitario, quindi parte della mente e della cultura del paese, invece di riflettere su i possibili risvolti di una tale situazione, si piega. Si piega perché preferisce l’ignavia alla presa di posizione, dimostrando che nonostante gli studi, il livello sociale e la preparazione, è stato ammaestrato per bene a non alzare la testa, anzi, a rinnegare pure le proprie idee per non avere problemi.

Ancora più attuale è il romanzo Guerriglia di Laurent Obertone, dove un episodio di violenza da parte della polizia scatena una vera e propria guerra civile che in soli tre giorni ribalta tutto il paese, senza acqua e energia il paese è ridotto all’ombra di sé stesso, lasciando la popolazione da sola in balia delle orde di violenza emanate dalle banlieue. Con l’cocchio attento dell’antropologo, Obertone non si è solo dedicato all’arte della narrativa ma ha saputo fare un’ipotesi che come vediamo non è  poi così lontana dalla realtà.

Definire questi scrittori “profeti” è quasi un insulto. Non si tratta di vaticinazioni dovute ad una grande fantasia ma un’osservazione attenta di intellettuali che hanno visto cosa sta accadendo davvero nel loro paese, che non vogliono farsi soggiogare da imposti sensi di colpa, che non vogliono lasciare la loro terra in balia ad un’integrazione che non è mai stata possibile non per colpa di scelte politiche fallimentari ma per un’incompatibilità culturale che non troverà mai punto d’incontro.

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