Utero in affitto, aborto: noi no! Ecco per chi e perché non ci arrenderemo mai

da Chiara Soldani

Come quando esci di casa e un interrogativo ti assale: “Ma lo avrò spento il gas?”. E allora, cosa fai? Riapri la porta, controlli. Però quella sensazione era così vivida, reale (anche se il gas lo avevi già spento da un pezzo!). Lo stesso accade quando si parla di utero in affitto, quando ci imbattiamo in discussioni sull’aborto. Ne scriviamo, ne parliamo eccome. Eppure, ci sembra di non farlo mai abbastanza. Torniamo al punto di partenza, ci sembra che manchi sempre qualcosa: come quel “pizzico di sale in più”, in un sugo non ancora sapido. Proviamo allora a navigare in questo mare magnum. A destreggiarci, nel bel mezzo della tempesta. A fare, semplicemente, del nostro meglio. Assumendo una prospettiva diversa: proviamo a dar voce a chi voce non ce l’ha o, peggio, non l’avrà mai. I bambini, questi bambini. E i nostri, di bambini: quelli che ci sono e ci saranno. Ma, soprattutto, a quelli che avrebbero potuto esserci, ma non ci saranno mai: “Esistiamo anche noi, ci sentite? Prendeteci in braccio. Per favore, pensateci! E placate il nostro silenzioso pianto. Ascoltate questa nostra richiesta di aiuto”.

LO SPUNTO CHE CI OFFRE ORIANA FALLACI

Tagliente nello sguardo, velato dall’immancabile fumo di sigaretta. Affilata nello scrivere, chirurgica nel suo “sentire e dire”: senza pizzi, merletti o zuccherini. La Fallaci potrebbe, oggi, essere definita una “ProVita con discrezionalità”. Lei, non era certo una romantica d’altri tempi: eppure, ci parla di maternità con cognizione di causa. Racconta, precisa, quel tumulto di emozioni che solo una Vita o “possibilità di Vita” può dare: anche ad una mamma che avrebbe potuto “diventare mamma”, ma che poi, “mamma”, non lo è stata mai. Però la Fallaci, che abortì spontaneamente, madre si è sentita eccome: “Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi. Mi si è fermato il cuore”. Ce ne parla nel suo “Lettera a un bambino mai nato”, libro pubblicato nel lontano 1975 ma così incredibilmente attuale ed emotivamente forte. Oriana Fallaci non avrebbe abortito, nonostante la professione complessa ed i lunghi, faticosi viaggi: “Io temo il niente, il non esserci” e poi perché “in fondo, il coraggio è ottimismo!”. Il mondo faceva già “abbastanza schifo” ed era già ben farcito di nefandezze, ingiustizie, crudeltà. Eppure “nascere è meglio di non nascere: ho deciso per te, nascerai!”. La Vita è dunque già vita nel momento in cui sboccia nel ventre di una donna, di una mamma. La Vita è già vita, pur minuscola, quando inizia ad instillare luce e conquistare spazio: spazio nel corpo e nel mondo. La sensibilità più profonda e vera della “cazzuta Fallaci”, ci si rivela proprio in queste pagine: di romanzo ma soprattutto di vita.

ALTRUISMO VS INDIVIDUALISMO

Sfatiamo un mito: il desiderio di maternità non è sempre buono, non è sempre sano. E, soprattutto, non è sempre altruista: la pratica dell’utero in affitto, difatti, rivela la reale natura di questo capriccio egoista. Mamma ad ogni costo (è il caso di dirlo) diventa il nuovo “il fine giustifica i mezzi”: non importa cosa implichi il “come”, importa piuttosto il risultato (o meglio, il prodotto finale, profumatamente commissionato e pagato). Contratti, clausole e garanzie: l’ultima atroce novità riguarda il “risarcimento in caso di morte”. Per la serie “soddisfatti o rimborsati: se il bimbo è difettoso o muore, te lo sostituiamo senza costi aggiuntivi”.

LE 46 GARANZIE: SOLO PER I COMMITTENTI, NON PER I BAMBINI

La maschera del Buono, nasconde spesso la faccia del Cattivo: non sempre, sia chiaro, ma spesso accade. Ed è questo il caso dell’agenzia Gestlife (avvocati che si occupano di maternità surrogata, utero in affitto e derivati). “Abbiamo programmi per tutti i tipi di famiglie– dicono – anche per persone affette da HIV ed epatite”. Ad ogni costo, costi quel che costi: al punto 24 dell’elenco garanzie, troviamo finalmente il volto cattivo e non la maschera buona: “Il programma si riavvia nel caso il bambino dovesse morire entro il 2⁰ anno di vita (in caso di morte per qualsiasi motivo o causa, compresi incidenti domestici e/o stradali)”. Per la serie “rotto un bambino, te ne diamo un altro gratis”. E questo sarebbe “altruismo”? Ci chiediamo, ancora ed ancora, quanto valga la vita umana per queste bestie ciniche, cattive ed egoiste. E quanto, sempre loro, siano disposti a fare pur di appagare il proprio isterico capriccio: questa è l’impietosa catena di montaggio degli uteri, la fabbrica stacanovista dei bambini. L’ultima frontiera (finora) del capitalismo è proprio qui: “dare la vita”, laddove più che il sentimento prevale il dio denaro. Fabbricare un prodotto piuttosto che generare, con amore, una nuova creatura.

DALLA “FIERA PER LA FERTILITÀ” ALLA “MARCIA PER LA VITA”

Se a Milano ci si sedeva per programmare gravidanze “a tavolino”, a Roma si marciava per la vita. ProVita e Famiglia contro la fiera Wish for a baby: la luce e la speranza che prevale sulle tenebre. Subdoli, a Milano: ciò lo testimonia il sempre ottimo Francesco Borgonovo che, senza difficoltà alcuna, è riuscito ad ottenere informazioni ed un appuntamento all’estero per “una surrogata”. Era dunque possibile prenotare una simile pratica, nonostante l’intento dichiarato dell’evento fosse stato ben altro. È proprio il caso della Garavelas Medical group (agenzia greca), specializzata nel fornire cure per l’infertilità con “un tocco di boutique personalizzato” (come recita il loro sito internet). “Siamo la famiglia che ti aiuta ad iniziare la tua”, aggiungono orgogliosi. Il tutto, corredato da recensioni non sempre “a 5 stelle”: “Servizio scadente, molto poco professionale, referti medici non restituiti e terapie sbagliate”, scrivono alcuni pazienti/committenti. Niente numeri e contratti, invece, a Roma: in 40.000 hanno sfilato e cantato, celebrando la Vita nel segno dell’amore. Una marcia silenziosa, per i media: nessuno ne ha parlato, perché il progressismo ed il “mondo dei buoni”, non vuole, vero?! Perché, sempre per il mondo moderno, “ri-bellarsi”non è “tornare al bello” ma sovvertire l’ordine delle cose. E zittire la voce di chi non la pensa come loro (tipo le femministe contro il ministro Roccella, a Torino).

UN INNO ALLA VITA: DEDICATO AI BAMBINI

In tutto questo caos, nell’assordante rumore fatto di polemiche e cinismo, distopia e distonia, chi parla dei bambini? Chi si rivolge a loro, chi li ricorda? Ci proviamo noi, qui. Abbassiamo la voce dei grandi e sentiamo cosa hanno da dirci i più piccoli. A loro, che siamo certi vorrebbero avere una possibilità: per nascere, crescere. Per amare e sì, anche per soffrire. A loro, che vorrebbero venire alla luce, per poter poi conoscere e sfidare anche il buio. A loro, che non hanno “chiesto” nulla, ma che sono già capaci di darci “tutto”. Ai bambini che esistono già dal primo istante. E a quelli che ci hanno fatto appena visita, mai fugace però: perché, come stelle piccine ma colorate e luminose, ricordano che “ci siamo stati anche noi! Solo che, adesso, non vi guardiamo negli occhi. Ma potete, pur sempre, sentirci nel cuore”. Perché, come diceva Antoine De Saint-Exupéry “non so dove vanno le persone quando scompaiono, ma so dove restano”. E loro, restano nei pensieri, nelle pause di malinconia. Loro restano nelle profondità del cuore e ri-vivono nella nostra battagliaAi bambini mai nati, allora, dedichiamo questo “inno alla vita”: con amore e determinazione. È proprio per voi, che non ci arrenderemo mai.

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