Contro tutti e tutto: Pierre Drieu La Rochelle

da Maurizio Rossi

Pierre Drieu La Rochelle fu un saggista, un romanziere, un politico; nell’insieme fu un intellettuale formidabile di notevole spessore. Fu certamente anche un narcisista, ma possedeva le qualità necessarie per poterselo permettere. Uno dei pochi. Sarebbe lecito qualificarlo anche come un intellettuale militante, come si usava allora, visto il suo esporsi controcorrente nel campo delle minoranze. Quello delle avanguardie, espressione di un radicalismo del pensiero e dell’azione politica. Quello della collaborazione con il Terzo Reich all’indomani della sconfitta francese del 1940. Tra coloro che, parafrasando Brasillach, scelsero di andare a letto con la Germania trovando la cosa assai piacevole.

Essendo figlio legittimo del secolo delle grandi aspirazioni, delle grandi rivoluzioni, e pertanto delle feroci contrapposizioni, Pierre Drieu La Rochelle orientò il proprio itinerario esistenziale e la propria maturazione intellettuale e politica verso le grandi concezioni del mondo che si stavano affermando reclamando il loro posto nella storia. Restandone affascinato, si immerse in quel vortice, individuando nel socialismo, nel fascismo e, soprattutto, nel concetto di Europa le proprie linee di vetta.Drieu amò disperatamente l’Europa. L’idea di una Europa finalmente unita nella sua piena coscienza di appartenere a un comune spazio imperiale ed erede di un retaggio ancestrale. L’amò con tutta la passionalità carnale e emozionale del navigante che scruta l’orizzonte nella speranza di poter finalmente intravedere l’approdo sicuro da lungo tempo cercato. L’amò con purezza di intenti, senza coltivare altri interessi che non fossero quelli rivolti a una visione superiore della vita. E, certamente, Drieu amò anche la Francia. 

L’Europa, la nuova Europa, quel crogiuolo di popoli e culture, certamente differenti tra loro, comunque affratellati da una comune origine, da un comune sangue e provenienza, che avrebbero dovuto fondersi in un vasto spazio politico di potenza e di diversa impronta, rappresentò per lo scrittore e attivista politico normanno dalla complessa personalità una emozione costante, una passione fuori dal comune, e, ovviamente, una esaltante prospettiva politica. Ciò, soprattutto dopo aver vissuto la drammatica esperienza della prima guerra mondiale, con tutto ciò che essa comportò in termini di devastazione umana. Quelle particolari manifestazioni di franco disincanto e di disgusto, a tratti anche di cinismo, che affiorarono nel suo romanzo ‘La commedia di Charleroi’, come anche l’esaltazione orgasmica di un assalto alla baionetta sotto il fuoco nemico. Proprio a Charleroi, nell’agosto del ’14, conobbe la miscela di coraggio, paura e adrenalina. Il ‘borghese’ che poteva ancora sussistere in lui verrà definitivamente spazzato via in quella battaglia.

Passare allora dalla guerra alla rivoluzione sociale e nazionale non gli sarebbe stato difficile, in fondo anche la rivoluzione è una guerra, semmai civile. Scriverà infatti nel 1934: «Quindi per me si pone un dilemma abbastanza tragico: o la rivoluzione antiparlamentare, che si trasformerà per forza in rivoluzione anticapitalista e sboccherà in una guerra, oppure la pace e la corruzione più ignobile. Mi sembra che gli dèi abbiano già scelto». Lui stesso intese ribadire che, nonostante le angosce, le ferite e i rancori che quel conflitto aveva provocato, anzi proprio al di là di quelli, poiché il sangue allora versato avrebbe potuto anche unire, la costruzione dell’unità europea si presentava come una inderogabile necessità.

L’ultima chance per i popoli europei: «È una necessità fondamentale, è la necessità del pane e del lavoro e di altre cose. Se le patrie europee rimangono separate, saranno condannate a spegnersi lentamente e moriranno. In questo periodo una patria non può vivere sul proprio territorio; ha bisogno del territorio degli altri, del territorio di tutto un continente, di tutte le miniere, di tutte le fabbriche e anche di tutti gli ingegni. Sono sorte nel mondo alcune grandi forze che hanno unificato o stanno unificando i continenti. L’Europa deve fare lo stesso; altrimenti si trasformerà in una nube di polvere che svanirà dopo aver turbinato ai piedi delle montagne». Drieu La Rochelle, ma non fu il solo, ebbe la lungimiranza di rifiutare l’arcaismo sciovinista che alimentava le vane illusioni di uno patriottismo fuori tempo massimo, superato di gran lunga dall’accelerazione degli avvenimenti mondiali e dall’irrompere impetuoso di nuove concezioni del mondo i cui capi rivoluzionari, profeti di una nuova fede, annunciavano nietzschianamente l’avvento della grande rinascita, della grande trasformazione […]

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