Esiste una segreta influenza, per lo più sconosciuta o ignorata dagli odierni analisti geopolitici e geoeconomici, esercitata dalle scienze tradizionali sull’immaginario collettivo. Essa si manifesta in particolare attraverso quel profondo impatto residuale degli archetipi della geografia sacra che determina la struttura stessa del pensiero geopolitico. A questo proposito, scriveva René Guénon: «vi sono luoghi particolarmente adatti a servire da supporto all’azione delle influenze spirituali, ed è su ciò che si è sempre basata l’installazione di centri tradizionali principali o secondari […] per contro vi sono luoghi che sono non meno favorevoli al manifestarsi di influenze di carattere del tutto opposto appartenenti alle più basse categorie del dominio sottile». Inoltre, continua il metafisico francese: “la geografia sacra è, come ogni altra scienza tradizionale di carattere contingente, passibile di essere stornata dal suo uso legittimo e applicata alla rovescia: se un punto è privilegiato in rapporto all’emissione e alla direzione delle influenze psichiche quando queste sono veicolo di un’azione spirituale, non meno lo sarà quando le stesse influenze psichiche saranno utilizzate in maniera diversa e per scopi contrari ad ogni spiritualità”.
Dunque, la scienza geopolitica non può limitarsi alla mera analisi del dato militare o di quello geoeconomico, sebbene letto attraverso le lenti delle teorie (realista o liberale) delle relazioni internazionali e lo studio delle dinamiche attraverso le quali lo Stato cerca di custodire la propria sovranità massimizzando gli interventi che alterano la simmetria delle relazioni di interdipendenza economica. La scuola geoeconomica realista, ad esempio, utilizza come riferimento tre pilastri sui quali lo Stato moderno costruisce la propria sovranità e si rende capace di competere con i propri avversari nell’anarchico ‘stato di natura hobbesiano’ all’interno del quale agisce: a) la costruzione di industrie strategiche; b) la realizzazione di corridoi di trasporto; c) la necessità di strumenti finanziari adeguati. Gli Stati Uniti hanno fondato le loro fortune geopolitiche sul perfetto connubio tra questi tre pilastri. Allo stesso tempo, una volta scalzati i rivali (Gran Bretagna, Germania, Giappone e URSS) e divenuti egemoni sul piano globale grazie al controllo sui corridoi di trasporto (in primo luogo marittimi) e sulle industrie strategiche (tecnologia avanzata), hanno incentivato e promosso un sistema liberale internazionale che consentisse loro di cementare i propri vantaggi. In altre parole, hanno attuato quella che il politico tedesco ottocentesco Friedrich List chiamava strategia del ‘calciar via la scala’: una volta raggiunta la vetta hanno fatto di tutto per impedire agli altri non solo di raggiungerla ma anche di avvicinarsi a essa. Questo processo, tuttavia, non ha avuto solo un assetto militare-economico.

Il successo nordamericano si è fondato anche sulla decostruzione spirituale degli avversari. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale – in realtà, come oggi, un insieme di conflitti combattuti su logiche quasi totalmente distinte -, ad esempio si scelse, in comunione di intenti con i sovietici, di privare la Germania del suo nucleo prussiano-orientale in modo da cancellare i presupposti storico-spirituali sui quali si era fondata l’unità tedesca e castrarne ogni potenziale nuova velleità sovrana. L’obiettivo della NATO, formatasi di lì a poco – come ebbe modo di dichiarare il suo primo segretario, il Barone Ismay -, dopo tutto è sempre stato quello di tenere gli americani dentro l’Europa, i russi fuori e i tedeschi in una condizione subordinata agli interessi dell’egemone. La Sicilia, uno dei centri della civiltà classica della Magna Grecia è stata trasformata in una portaerei nordamericana nel centro del Mediterraneo privando l’Italia del suo utilizzo come perno di proiezione autonoma di influenza nel fu ‘Mare Nostrum’. Allo stesso modo, sul finire del secolo scorso, si scelse di privare la Serbia del Kosovo: uno dei più importanti centri sacri della Cristianità ortodossa nei Balcani (secondo solo al Monte Athos) e luogo mitico-fondativo della coscienza nazionale serba dove venne combattuta la celebre Battaglia della Piana dei Merli nel 1389. Parafrasando Guénon, tutti questi luoghi sono stati ‘stornati’ del loro valore originario e desacralizzati (nella capitale dell’entità kosovara, ad esempio, si possono ‘ammirare’ strade e monumenti dedicati ai presidenti nordamericani). Il sacro si è trasformato in antisacro, e lo spirito in antispirito. Tutto ciò è particolarmente evidente anche per altri ‘centri sacri’ sottoposti al processo di ‘occidentalizzazione dello spazio’, da Delfi e Atene sino a Roma e Gerusalemme, ridotti, per citare Martin Heidegger, a mere attrazioni turistiche con il loro carico di umanità che «getta via la sua memoria in nome dell’immagine prodotta tecnicamente» […]
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