La guerra oggi in corso in Ucraina va considerata come una delle tante battaglie di un’unica Grande Guerra che, dal suo inizio, evolve senza soluzione di continuità. Dal punto di vista militare – giacché non solo di scontri tra eserciti si tratta – essa è iniziata alla metà del secondo decennio del Novecento, registrando a oggi diverse fasi: quelle più acute e apicali si sono verificate nel periodo 1914-18 e 1940-45, mentre quelle di minore intensità hanno avuto luogo nel periodo intermedio tra il 1918 e il 1940 e poi dal 1945 ai giorni nostri, sui vari campi di battaglia disseminati a macchia di leopardo nell’intero globo: Corea e Vietnam, Serbia, Libano, Libia, Iraq, Siria, Corno d’Africa etc. Promotore delle varie fasi, sempre e unicamente lo stesso soggetto: gli angloamericani.
In questa prospettiva di lettura storica, eretica rispetto a quella canonica, la campagna 1914-1918 segna la fine risolutiva dell’epoca in cui gli USA erano ancora (per certi versi) una colonia europea e getta le premesse del capovolgimento di paradigma: la colonia d’oltreoceano diviene impero e l’impero del Vecchio Continente diviene colonia. In un primo momento, con Yalta, il mondo è più o meno spaccato in due: la metà sotto controllo atlantico viene via via americanizzata sul piano culturale e valoriale, mentre l’altra metà subisce la sovietizzazione in modo marginale, limitatamente cioè alla presenza e al supporto militare, mantenendo in larga parte la propria specificità ideologico-religiosa.
Con l’implosione dell’URSS alla fine degli anni Ottanta, il blocco occidentale procede alla destabilizzazione e alla conquista degli Stati rimasti senza protezione, promuovendo rivoluzioni colorate e colpi di stato. L’alleanza atlantica (NATO) assume carattere politico, oltre che militare, e si fa veicolo della globalizzazione economico-valoriale nel quadro del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale. Contravvenendo ai patti sottoscritti con i dirigenti della morente URSS, la NATO non solo non si scioglie – non avendo più ragione di essere – ma si allarga militarmente a est inglobando gli Stati che facevano parte del Patto di Varsavia e portando le rampe missilistiche a ridosso del confine russo. Restano fuori da questa avanzata Bielorussia, Georgia e Ucraina. I tentativi di inglobare Bielorussia e Georgia abortiscono, ma l’Ucraina conosce una sorte diversa: dopo il tentativo del 2005 di porre in essere una ‘rivoluzione arancione’ finanziata da George Soros, nel 2014 il golpe di Maidan (promosso e finanziato, oltre che dal solito Soros, anche direttamente dagli USA) proietta di fatto l’Ucraina nell’orbita atlantista. La Crimea promuove un referendum che la porta al ricongiungimento con la Russia, mentre nel Donbass ha inizio una guerra civile che farà 14.000 vittime accertate. Kiev partecipa alle manovre NATO, diversi Paesi atlantisti addestrano l’esercito ucraino, forniscono armi e si occupano dell’installazione di rampe missilistiche soprattutto nei dintorni di Odessa. Gli accordi di Minsk, per ammissione dell’ex cancelliera Merkel, dell’ex presidente francese Hollande e dello stesso ex presidente ucraino Porošenko, servono solo a prendere tempo per meglio addestrare l’esercito ucraino in funzione anti-russa. Dal 2014 al 2022, data di inizio dell’Operazione speciale militare di Putin, imperversa una sanguinosa guerra civile condotta da Kiev con soldati in larga parte condizionati da un’ideologia di matrice ‘nazista’ ma di stampo hollywoodiano: una rielaborazione dell’ideologia banderista in salsa atlantista, con gran dispiegamento di insegne, labari e bandiere che richiamano il Nazionalsocialismo.

È noto che i russi definiscono ‘Guerra Patriottica’ l’epocale scontro, inscritto nel quadro più ampio della II guerra mondiale, con la Germania: ‘patriottica’ perché in difesa della propria patria invasa da Hitler sulla base di una distorsione dell’elaborazione geopolitica di Karl Haushofer in contrapposizione a quella dell’inglese Halford Mackinder. Se infatti Mackinder forniva all’Inghilterra la logica e il sistema per affermarsi come potenza imperiale marittima e quindi assicurare alla Civiltà del Mare la supremazia planetaria, sul fronte opposto Haushofer, sostenitore della guerra contro l’Inghilterra, faceva altrettanto per la Germania vista come Civiltà della Terra, giungendo a preconizzare già nel 1941, alla vigilia dell’attacco della Germania contro l’URSS, la necessità di creare un blocco continentale Berlino-Mosca-Tokyo. Hitler, invece, motivò il diritto/dovere della guerra alla Russia soprattutto sulla base delle teorie razziali che volevano gli slavi ‘razza inferiore’ (per quanto la Russia si componga di varie altre etnie oltre a quella slava) e solo in misura minore per contrastare il bolscevismo. Così facendo, Hitler non solo ignorò i postulati geopolitici sia di Mackinder sia di Haushofer, che vedono Inghilterra e Germania irriducibili nemiche, ma ricercò ossessivamente un’impossibile intesa con l’Inghilterra, rompendo il patto Ribbentrop-Molotov (ispirato proprio dalla scuola geopolitica di Haushofer), e invase la Russia. Infatti è questo, essenzialmente, il ‘nazismo’ per i russi nell’epoca di Putin: russofobia su base razziale e in un’ottica di predazione della patria russa; da questo quadro resta esclusa ogni altra questione ideologica caratteristica del Nazionalsocialismo, a cominciare proprio dall’anticomunismo. È proprio questa piattaforma concettuale ‘nazista’ che gli strateghi statunitensi hanno insufflato nell’Ucraina a partire dalla sua fuoriuscita dal blocco sovietico. Ed è in tal senso che la Russia di Putin intende l’Operazione militare speciale antinazista […]
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