Russofobia o russofilia?

da Gianluca Marletta

In questi giorni – ma potremmo dire in questo ultimo anno – si sta assistendo a un fenomeno apparentemente piuttosto insolito per Italia: a fronte di una propaganda di guerra in chiave occidentalista e anti-russa propinata h24 a piene mani e da tutti gli schieramenti politici e i mezzi mediatici, una parte consistente degli italiani sembra, malgrado tutto, piuttosto refrattaria nello sposare in pieno tali posizioni ufficiali. Molti sondaggi, infatti, confermano un generale scetticismo riguardo alla visione ‘dominante’ del conflitto sul fronte orientale e, soprattutto, ancor meno entusiasmo rispetto a eventuali prospettive di un più deciso intervento nella guerra o di un rafforzamento del regime delle sanzioni. 

Prendendo pur sempre col beneficio dell’inventario i risultati di questi sondaggi – i quali sono per forza di cose limitati – ed essendo personalmente piuttosto scettico sul valore in sé di tali strumenti – prendiamo atto che alla domanda ‘Condividi il sostegno di Giorgia Meloni all’Ucraina di Zelensky?’, il 90% dei partecipanti al sondaggio dell’importante ancorché ideologicamente schierato sito Affaritaliani, ad esempio, hanno risposto di essere assolutamente contrari a tali scelte. 

Forse più attendibile e certamente più significativo è il sondaggio condotto da Termometro Politico, in base al quale il 51,1% degli intervistati chiederebbe la revoca delle sanzioni alla Russia, mentre meno di un contattato su quattro (il 24,2%) penserebbe che ‘bisognerebbe essere ancor più duri con Mosca’. 

Cosa sta succedendo, dunque, all’opinione pubblica italiana? E soprattutto: come interpretare realmente questi dati apparentemente in conflitto con la vulgata dominante? C’è davvero speranza che l’opinione pubblica del nostro Paese possa emanciparsi dalla propaganda martellante messa in atto in questi mesi?   

LE RAGIONI DELLO SCETTICISMO

Il dato più curioso è che questo scetticismo verso la versione ufficiale del conflitto viene da un’opinione pubblica, quella italiana, che – bisogna a malincuore riconoscerlo – si è spesso dimostrata negli ultimi anni supinamente allineata a tutte gli input imposti dai media ‘ufficiali’. Basti andare con la memoria a quanto avvenuto solo pochi mesi fa, quando la maggior parte degli Italiani sono stati epidemicamente e passivamente manipolati fino ad accettare ogni sorta di decisione totalitaria in nome dell’‘emergenza pandemica’, per mantenere un certo, ragionevole dubbio riguardo le capacità critiche dell’opinione pubblica nel nostro Paese.

Nel caso specifico della guerra orientale, tuttavia, sembrano entrare in gioco dei fattori che giocano a favore di una maggiore presa di distanza del cittadino dalla vulgata dettata dai mezzi di informazione mainstream

In primis, l’italiano medio non riesce a comprendere le ragioni geopolitiche né tantomeno il tornaconto che potrebbe derivare da un conflitto combattuto per cause che a lui sfuggono del tutto: ragioni che rimandano a giochi di potere globali lontanissimi dal suo orizzonte esistenziale. 

A differenza delle opinioni pubbliche del centro-est Europa, infatti, dove il sentimento anti-russo ereditato di generazione in generazione, specie a causa del passato sovietico, alimenta in perpetuo il sentimento di ostilità, in Italia il mondo russo rimane qualcosa di lontano e generalmente poco conosciuto, culturalmente ignorato al di là di qualche stereotipo folkloristico e percepito in maniera persino più ‘aliena’ di quanto non lo sia, ad esempio, lo stesso mondo islamico, comunque geograficamente più prossimo alla nostra penisola. 

Inoltre, i disagi immediati che il conflitto e le sanzioni stanno imponendo al popolo italiano – disagi che fanno seguito a tre anni devastati dall’emergenza virus e dalla lacerante esperienza delle proibizioni ad essa legate – sono vissuti come un peso ingiustificato e di difficile comprensione, a differenza ad esempio delle pur assurde privazioni e regole del Green Pass, che comunque venivano più facilmente accettate in nome della paura e della salvaguardia della salute individuale. 

Infine, nell’atteggiamento generale dell’italiano verso la guerra – c’è da dire, di qualunque guerra – pesa sicuramente un certo pacifismo diffuso, figlio – sia chiaro – più spesso di atteggiamenti e timori un po’ qualunquisti piuttosto che di reale spirito critico; atteggiamento che si è comunque palesato in passato anche per altre occasioni (basti pensare alle varie guerre in Medio Oriente, nelle quali l’Italia è stata, sebbene in maniera a volte defilata, parte attiva in quanto membro della NATO) […]

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