Austerity, provvedimenti impopolari, regolamentazioni. L’Unione Europea è ormai la protagonista delle nostre vite; la sua pervasività, il suo distacco dalle esigenze reali dei cittadini, hanno creato una frattura tra il popolo e gli interessi delle élite; facendo registrare picchi di antieuropeismo inauditi. Il sogno di un’Europa unita sotto l’egida della pace e della collaborazione sembra ormai un’utopia; trasformando quello che era un sogno in un incubo ad occhi aperti.
Come se non bastasse, con la direttiva europea “Fit for 55” si è scelto di dismettere, a partire dal 2035, le auto a diesel e a benzina. La reazione a tale decisione non si è fatta attendere; ed i cittadini, i quali pagheranno tali scelte dissennate, hanno appreso con sconcerto questa notizia. La scelta di cui sopra nasce dalla volontà degli stati membri di ridurre la presenza di Co2 nell’atmosfera; la quale, secondo il pensiero dominante, sarebbe addebitabile ad un’eccessiva produzione della stessa da parte dei motori a scoppio. Con gli accordi di Parigi, pertanto, si è scelto di procedere in questo senso. La realtà, però, non sembra molto vicina a quanto affermato dagli Stati membri. Cina ed India, essendo Paesi in via di sviluppo, sono responsabili di circa il 91 % della produzione di Co2 globale; ponendo diversi interrogativi circa le responsabilità degli europei in merito al cambiamento climatico.

L’utilizzo di carbone in questi due Stati, in particolare della Cina, è davvero ingente; anche in virtù della massiccia presenza di centrali a carbone sul territorio cinese. Ed è proprio quest’ultima l’incognita della transizione ‘green’ che si profila nel futuro. Il leader cinese, Xi Jinping, non ha mai nascosto di voler diventare il dominus delle auto elettriche. E le sue convinzioni hanno un fondamento. I materiali con i quali vengono assemblate le batterie, infatti, sono maggiormente presenti proprio nella repubblica cinese. Litio e nichel, ossia i minerali sui quali si giocheranno le prossime partire geopolitiche, sono assai scarsi nel territorio europeo; ove l’unica Nazione fornita – e capace di autosostentarsi – è il Portogallo. La dipendenza dal gas russo, dunque, non ha insegnato nulla agli stati europei; i quali, se non faranno marcia indietro, verranno di nuovo assoggettati da un Paese rivale dal punto di vista geopolitico; oltretutto non rispettoso dei diritti umani dei propri cittadini.

In ultimo, e non certo per importanza, è il fervido entusiasmo con il quale la sinistra, storicamente conosciuta per la difesa dei ceti deboli, sta perorando la causa. Nello stato attuale delle cose, il costo di un’automobile elettrica si attesta a circa 30.000 euro. Cifra improponibile, specie per i ceti medi. Ma per quanto questa scelta appaia ineluttabile, sembrano arrivare dei segnali confortanti a tal proposito. Il Governo Meloni, dopo il pressing esercitato in Europa, è infatti riuscito a far slittare il voto sull’approvazione del provvedimento; che, secondo le indiscrezioni, è stato rinviato “a data da destinarsi”. A confermare ciò ci ha pensato Massimiliano Salini, che ha dichiarato: “Sulla transizione ecologica l’esecutivo Ue sta sbagliando, o corregge subito il tiro oppure saranno i cittadini a imporre il cambiamento, spazzandola via con il voto europeo del 2024”. Una grande notizia, specialmente per la tempestività con la quale l’Esecutivo è intervenuto.
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