Con l’emergere della crisi energetica tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, ci siamo resi conto delle conseguenze di un approccio ideologico dell’ambientalismo basato sul ‘tutto e subito’. Si tratta di una visione che ha portato l’Europa a dismettere fonti energetiche tradizionali ma imprescindibili per il sostentamento energetico di famiglie e imprese, ritrovandosi all’interno di una tempesta perfetta in cui hanno inciso fattori geopolitici come la guerra in Ucraina. All’improvviso, è diventata evidente la necessità di una maggiore autosufficienza energetica sia europea sia italiana. L’Italia si trova oggi nella scomoda posizione di una potenza industriale che è costretta a importare la stragrande maggioranza della propria energia. Secondo la ‘Relazione annuale sulla situazione energetica nazionale’, nel 2020 il 73,4% del nostro fabbisogno è stato soddisfatto solo grazie alle importazioni nette. Vuol dire che dipendiamo per la quasi totalità da importazioni e quindi ci troviamo in balia di fattori esterni che non siamo in grado di controllare. Una situazione nata sia dalla carenza di materie prime del nostro territorio nazionale sia, soprattutto, da scelte politiche che negli anni si sono rivelate miopi, prive di una progettualità e spesso caratterizzate da vere e proprie contraddizioni.
È tornato così di attualità il dibattito sulla ‘sovranità energetica’, ovvero la necessità di una maggiore autosufficienza nell’approvvigionamento di energia, un tema non più rimandabile per l’Italia e l’Europa. L’argomento viene trattato nel libro ‘Materia rara. Come la pandemia e il Green Deal hanno stravolto il mercato delle materie prime’ di Gianclaudio Torlizzi in cui si analizza la crisi di reperibilità di materie prime avvenuta dopo il Covid. Una crisi che ha interessato principalmente i beni energetici colpiti, da un lato, dalla transizione energetica che ha disincentivato le major petrolifere e minerarie a realizzare nuovi piani di sviluppo nel settore dei combustibili fossili e, dall’altro, dalla competizione geostrategica tra Stati Uniti e Cina, «le cui vittime eccellenti sono proprio quelle lunghe catene di fornitura su cui ha poggiato il processo di globalizzazione negli ultimi trent’anni». Ciò ha portato a un aumento esponenziale del costo dell’energia in particolare per elettricità e gas, con gravi conseguenze per imprese e cittadini. E in Italia? Dopo lo stop al nucleare con i referendum del 1987 e del 2011, ci troviamo a essere circondati da Stati che utilizzano questo tipo di fonte energetica mentre non siamo in grado di aprire una necessaria riflessione sul tema.
Al tempo stesso, mentre in Italia negli anni passati si discuteva di eliminare le trivellazioni nel Mar Adriatico, nazioni come la Croazia, l’Albania e la Grecia, ne hanno approfittato approvvigionandosi dagli stessi giacimenti. Tali giacimenti di gas nei mari italiani costituiscono un vero e proprio tesoretto per il nostro Paese e, dopo la moratoria sui permessi e le concessioni, gli investimenti si sono praticamente fermati. Degli oltre 90 miliardi di metri cubi di metano in fondo al mare italiano (con un potenziale da individuare fino a 120 miliardi), ne estraiamo soltanto quattro, a fronte di un consumo di circa 70 miliardi. Da dove proviene il resto del fabbisogno? Dalle importazioni dalla Russia, dal Qatar, dall’Algeria, dalla Norvegia… Eppure, chi contrasta le trivelle per motivi ambientali, non tiene in considerazione il fatto che, trasportare una simile quantità di gas, ha comunque un impatto notevole sull’ambiente, specie con il gas liquido, il GNL.

Così, dopo anni di demonizzazione del concetto di sovranità, due grandi emergenze inattese come il coronavirus e la guerra in Ucraina, ne hanno dimostrato l’attualità. La pandemia ci ha reso evidente la necessità di essere autosufficienti nei settori strategici testimoniando l’impreparazione in ambito sanitario del nostro Paese che non aveva pressoché aziende che producessero respiratori polmonari o dispositivi di protezione individuali sufficienti nemmeno per i medici. Al contrario, nell’emergenza, le nazioni straniere tutelano prima i propri cittadini e poi pensano agli altri facendo crollare anni di retorica sul superamento del concetto di nazione. La pandemia, da questo punto di vista, è stata solo un evento prodromico a quanto sarebbe diventato ancor più evidente con la guerra in Ucraina. La dipendenza dei Paesi europei dal gas russo (Germania e Italia in particolare) ha reso evidente la necessità di sviluppare una sovranità energetica. Se una completa autonomia in ambito energetico è pressoché impossibile per nazioni che non hanno sufficienti materie prime, un conto è dipendere dall’estero per una percentuale del fabbisogno accettabile, un altro essere legati mani e piedi all’import di energia. Così, è necessario ripensare il modello portato avanti negli ultimi anni che si è basato su una serie di scelte politiche errate, come affidarsi a un unico fornitore in modo così consistente, invece di diversificare le fonti di approvvigionamento […]
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