In una lettera a Julius Evola del febbraio del 1948, René Guénon esprimeva un giudizio perentorio sulla medicina moderna alla quale preferiva di gran lunga la pratica della medicina tradizionale: «È assai increscioso che la vostra condizione non accenni ad un sensibile miglioramento; non so proprio cosa sarebbe possibile fare in un caso del genere… Il guaio è che qui l’antica medicina tradizionale è del tutto scomparsa di fronte all’invasione della medicina moderna, a cui, d’altronde, mi sono sempre accuratamente astenuto dal fare ricorso!». La ‘scomparsa’ della medicina tradizionale a fronte della ‘invasione’ della medicina moderna, cui faceva riferimento Guénon nello stralcio di lettera appena riportato, era soltanto una delle molteplici e possibili opposizioni tra una scienza tradizionale e i suoi «residui» moderni, su cui si era intrattenuto più diffusamente circa vent’anni prima ne ‘La crisi del mondo moderno’: l’astrologia rispetto alla più materiale astronomia, da un lato, e alla più sentimentale psicologia, dall’altro; la cosmologica alchimia rispetto alla sperimentale chimica; l’exoterica matematica moderna rispetto all’esoterica matematica pitagorica e così via.
Quelle appena elencate non sono altro che le più perniciose manifestazioni dell’individualismo – nel senso più ortodosso del termine: cioè di ogni negazione della reale conoscenza universale – nel campo delle cosiddette scienze, cioè delle conoscenze riferentesi al dominio del relativo, che da «sacre» sono, nell’età moderna, degenerate o, in alcuni casi, deviate in «profane». Infatti, si può ben dire che molte delle scienze moderne siano sì discese dalle prime ma non per «evoluzione» – come i moderni hanno la presunzione di ritenere – bensì per «degenerescenza», in quanto ormai del tutto indipendenti dalla conoscenza assoluta e universale concernente i principi da cui, viceversa, dipendono strettamente le scienze tradizionali.
In una raccolta di saggi recentemente curati e tradotti da Eduardo Ciampi per ‘Cinabro Edizioni’, lo studioso statunitense Whitall Perry – il quale, formatosi agli insegnamenti di Ananda K. Coomaraswamy e di Frithjof Schuon, trascorse sei anni in Egitto a stretto contatto con René Guénon – esamina alcune di queste scienze moderne alla luce delle relative scienze tradizionali. Con questo articolo vogliamo concentrare l’attenzione dei nostri lettori sul primo dei tre corposi saggi che compongono la raccolta, ‘L’alchimia dell’omeopatia’, pubblicato per la prima volta nel 1984 sulla rivista ‘Studies in comparative religions’. Qui vengono esposti con dovizia di particolari i benefici della medicina tradizionale contro i danni della medicina moderna.
Entrando nel merito dello studio di Perry, l’Autore ci fornisce gli strumenti per separare il grano dal loglio: la medicina tradizionale non è altro che «un sistema di cura medica» basato sulla somministrazione di «piccolissime dosi di sostanze che causano nelle persone sane gli stessi sintomi prodotti dalla malattia» e, «contrariamente alla medicina ‘ordinaria’ che ha come fine la cura dei sintomi esteriori, essa mira a curare gli squilibri nella struttura ‘vitale’ che in primo luogo permette l’accesso della malattia». Infatti, la medicina moderna punta direttamente all’esterno, alla parte malata, in linea con la teoria di tipo evoluzionistico in virtù della quale si presume che la cura della parte conduca alla guarigione dell’intera persona. Un centinaio di anni fa Franz Hartmann – non soltanto un occultista, ma medico e persona di considerevole discernimento dal quale molto attinse Perry per i suoi studi sull’omeopatia come espressione della medicina tradizionale – lamentava che «la medicina moderna richiedesse, per così dire, una mazza per uccidere una mosca» mentre i rimedi naturali fossero «quasi del tutto scomparsi dalla farmacologia» e al massimo «relegati alla pratica di alcune vecchiette». Di conseguenza, la loro azione in età moderna non viene capita, «poiché non è così violenta come quella dei veleni usati dal medico comune e quindi gli effetti prodotti non risultano altrettanto evidenti; ma mentre le forze più sottili della natura agiscono sul corpo del paziente in modo silenzioso, e senza alcun trambusto, le medicine velenose amministrate dall’operatore medico moderno, di solito servono soltanto a dirottare gli effetti spostando la sede della malattia in un luogo più interno e più pericoloso». Eppure, nonostante tutto ciò che sia di pertinenza delle scienze attuali – innanzitutto della medicina moderna – appartenga soltanto al campo delle ipotesi e si sviluppi sul piano dei variabili e mutevoli fatti, è particolarmente illogico, insensato e assurdo che ci si ostini a parlare – e negli ultimi anni lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle – di ‘leggi’ e ‘principi’ scientifici (per non parlare di ‘dogmi’…), perché una legge o un principio sono tali soltanto se immutabili in sé, o in quanto traggano la loro realtà da una realtà di ordine superiore […]
VUOI CONTINUARE A LEGGERE QUESTO ARTICOLO?
ACQUISTA O ABBONATI ALLA RIVISTA: