Intelligenza artificiale e stupidità umana

da FUOCO

Ha fatto una certa impressione vedere la recente raffigurazione di quella che, secondo alcuni studiosi americani, potrebbe essere la donna dell’anno 3000: gobba, bassa, con il cervello piccolo, gli occhi spiritati e le mani ad artiglio. Il tutto a causa di uno ‘stile di vita’ deformato dall’uso esorbitante e spropositato della tecnologia. E se questi potrebbero essere gli effetti sul corpo – non poi così improbabili viste le ore che quotidianamente passiamo davanti a pc, tablet e smartphone – quelli sul cervello non hanno bisogno di un orizzonte temporale così lontano: basta uscire di casa e accorgersi quanti siano i soggetti inebetiti che incedono per le strade in uno stato ipnotico. Ordinariamente funziona così: il primo e l’ultimo gesto della giornata vede un telefono tra le mani per controllare e-mail o curiosare tramite i (no)social media, in quel virtuale ‘vouyerismo’ che inquina, altera, stordisce, pensieri e azioni dell’essere umano. 

La preghiera, la lettura, la concentrazione, la ricognizione consapevole che per millenni hanno aiutato l’uomo a vivere e a lottare contro i limiti interiori ed esteriori che si frapponevano al proprio avere un ‘posto nel mondo’, qualunque esso fosse, sono stati sostituiti da barbariche gestualità che dimostrano, in maniera lampante, come la macchina prima e la tecnologia oggi abbiano preso il definitivo sopravvento, stravolgendo l’organico rapporto di dipendenza e determinando la più terribile delle schiavitù. 

Per qualcuno saremo dei complottisti, per altri dei retrogradi tradizionalisti, ma sta di fatto che – grazie agli insegnamenti dei Maestri, quelli veri e capaci di interpretare la realtà del mondo partendo sempre e comunque dai Principi spirituali e secondo una visione integrale (corpo, anima e Spirito) – noi di Fuoco non abbiamo mai esitato nell’affermare che la tecnologia è comoda ma non aiuta a vivere meglio. Per carità, nessuna ipocrisia: tutti noi siamo collocati nel Sistema e facciamo spesso (ab)uso della tecnologia a nostra disposizione. Tuttavia, di una cosa siamo certi: non abbiamo mai perduto la consapevolezza che un utilizzo non guidato e controllato da parte di un uomo interiormente orientato e disciplinato, renda inevitabilmente quest’ultimo servo e schiavo, l’insignificante e intercambiabile accessorio in un meccanismo ove è un numero buono solo per produrre e consumare. D’altronde, già nel secolo scorso, A.K. Coomaraswamy affermava come «l’utensile, complicato quanto si voglia, aiuta l’uomo a realizzare l’oggetto che egli ha in mente, mentre la macchina, semplice quanto si voglia, rende suo servo l’uomo e di fatto lo controlla».

A tal proposito, sono interessanti le riflessioni di Giovanni Lindo Ferretti, allorché sottolinea come la totale assenza percettiva dei limiti all’interno di quello spazio virtuale, che nella vita contemporanea ha sostituito lo spazio reale, rappresenti una grave mancanza e un grande impedimento per la crescita delle nuove generazioni, incapaci di trovare e dare un senso al proprio percorso esistenziale, visto che ormai tutto è desiderabile, disponibile, consumabile: «Le ultime generazioni non conoscono limiti. Se il nostro sfogo erano le barricate, lo sfogo di questa generazione è lo spazio virtuale. Dal mio punto di vista un impoverimento sostanziale. Per le nuove generazioni non c’è enigma, non c’è mistero, non è dato il senso del tragico, non è concesso sperimentare la meraviglia. Ma la vita non è ovvia e in fondo al cuore c’è sempre qualcosa che non torna». E l’assenza di limiti è strettamente connessa a quel processo di sradicamento in atto che abbiamo sempre denunciato nelle pagine di questa rivista, ove l’uomo, alla ricerca della libertà, calpesta il proprio passato nel nome di una nuova identità legata al solo consumo: egli è perché consuma e la sua vita – materializzazione quotidiana delle proprie voglie e incessante desiderio di appagare inutili bisogni – è un vano tentativo di colmare il vuoto interiore derivante dall’assenza di radici e riferimenti. Ma il prossimo acquisto non sopperisce al nulla di un cuore inaridito e, alla fine, l’uomo sradicato resta solo e incapace di dare una seria svolta alla propria esistenza.

C’è chi, infatuato da visioni transumaniste o semplicemente prometeiche, il proprio destino auspica una umanità rinnovata nella figura del superuomo – magari con un innesto sottopelle di microchip per velocizzare le trasmissioni neuronali o, più banalmente, per avere accesso al proprio conto in banca –, di colui che sia norma a se stesso e possa innescare una ‘fase di evoluzione autodiretta consapevole’. È indubbio che il cammino dell’uomo sia necessariamente volto alla conoscenza e al superamento dei propri limiti, al fine di riscoprire ciò che di non umano è in lui presente (il Sé, lo Spirito), ma tale irrinunciabile e faticoso impegno non passa per la conquista del fuoco mediante astuzia, prevaricazione e inganno, attraverso una sfida al Cielo, dettata dal superbo, tracotante e titanico ego (l’io dell’umano troppo umano). Al furbo Prometeo che, inevitabilmente, suscita l’ira di Zeus, preferiamo Eracle, l’eroe alleato dell’Olimpo che combatte, affronta e supera i propri limiti in un cammino di purificazione spirituale volto a sopraffare i vizi per far trionfare la virtù e far affiorare, senza compromessi, la ‘natura’ nobile di cui egli è portatore. 

Dunque, il mito ci insegna che, per ‘vincere e controllare’ la materia, è indispensabile operare un superamento della stessa (vizi, attaccamenti, condizionamenti), poiché le forze in gioco ad essa connesse, non essendo neutre, se non dominate da un uomo interiormente qualificato, portano inevitabilmente alla sua distruzione. Come nella visione transumanista, ove si desidera la fusione tra uomo e tecnologia, il superamento del confine tra organico e inorganico, tra macchina e vivente, in una aberrante combinazione contaminata dal più bieco materialismo.

Pertanto, per essere concreti e respingere possibili accuse di anacronismo, qui non si esaltano le gesta di Ned Ludd, abbattendo al posto del telaio settecentesco lo smartphone o il pc, ma di approcciare con consapevolezza verticale all’utilizzo di tali strumenti i quali, per loro stessa natura, sono potenzialmente distruttivi di quella libertà che, apparentemente, sembrano concedere. Prima l’uomo, come sempre, ma quell’uomo che, saldo e radicato nei Principi spirituali, conosce se stesso lavorando proprio su se stesso e, grazie all’aderenza alla Norma, aspira alla vera libertà, ove nulla è importante poiché di ogni cosa si può fare a meno (anche della vita, se necessario).

In conclusione, se Prometeo non ci corrisponde e il nostro riferimento rimane Eracle, non illudiamoci: c’è bisogno di impegno e sacrificio; altrimenti, improvvisandosi eroi, cavalieri o ammaestratori di tigri, il rischio è di fare la fine di Epimeteo, l’altro titano, colui che pensa tardi. Lo stupido.

VUOI CONTINUARE A LEGGERE LA RIVISTA?
ACQUISTA O ABBONATI ALLA RIVISTA:

Ti potrebbe piacere anche

Lascia un Commento