Oggi siamo abituati a seguire le vicende milionarie del calciomercato con una certa indifferenza, dove per un pugno di Euro in più si è pronti a cambiare squadra. Lei è sempre stato una bandiera del Milan, anche dopo aver smesso di giocare. Cos’è cambiato nel DNA dei giocatori di calcio degli anni Duemila?
Lo sport è sacrificio! Arrivare può essere anche facile, ma rimanere per tanto ad alti livelli è difficile, dipende solo da te. Quando incontro i ragazzi nelle scuole, dico loro: «Ragazzi, non permettete mai a nessuno di dire che tanto non ce la farete. Dipende solo da voi!». La differenza la fa la voglia. C’è chi vuole alzarsi e andare ad allenarsi oppure chi preferisce alzarsi per andare a divertirsi: quando gli altri vanno a ballare, tu studi. Quando gli altri dormono, tu ti alleni e migliori nella tua tecnica. Dipende solo ed esclusivamente da te, perché ogni scelta è una rinuncia. Vi ricordo questo: non permettete che nessuno vi dica «Tanto tu non ce la farai!”, perché niente è impossibile.
Se diciamo ‘Curva Sud’, che cosa le viene in mente? Nel calcio degli “spettatori-clienti’ c’è ancora spazio per le tifoserie passionali?
Curva Sud: io mi sento uno di loro! Non potete capire quando facevo gol proprio sotto quella curva quanto bello fosse condividere quelle emozioni, la gioia con questi ragazzi ma non solo: perché al di là della Sud, noi milanisti abbiamo un pubblico davvero eccezionale. Lo dimostrano gli anni in cui la squadra non riusciva a essere competitiva, a combattere per lo scudetto o per l’Europa, il nostro pubblico è sempre stato attaccato alla squadra, ai giocatori e soprattutto ai nostri colori. Poi, ovviamente, i calciatori cambiano ma la società rimane. Ed è una cosa incredibile: conosco gente abbonata da 60 anni e non potete capire ancora (incontrando questi tifosi), cosa significhi per me sentirsi dire «Grazie per quello che hai dato!». No, sono io che ringrazio loro perché loro erano il vero 12esimo uomo in campo.
A costo di sembrare ‘nostalgici’ quanto c’è di vero nel dire che il calcio da sport ‘virile’, quasi un rito collettivo e al tempo stesso ancestrale, una battaglia ritualizzata sul campo da gioco con regole e valori è diventato una vetrina fatta di sponsor, interessi e anche un po’ di ideologia sullo sfondo?
Il calcio è virile! Ai miei tempi quando non c’era il Var, ce ne davamo di santa ragione! Si prendevano e si davano ma si stava zitti: c’era un rispetto nei confronti dell’avversario. Poche volte si fingeva di aver preso un calcio per ottenere dall’arbitro una punizione o addirittura un calcio di rigore. C’era infatti un rispetto diverso. Adesso basta guardare la differenza tra campionato e campionato: tra quello italiano e quello inglese oppure quello spagnolo. Ovviamente ci sono dei parametri un pochino diversi e la professionalità e lealtà di alcuni giocatori sono del tutto differenti fra loro. […]
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