«Vita» e «azione» — nell’aspetto in cui l’una e l’altra son divenuti miti e segni caratteristici del mondo moderno — sono elementi strettamente solidali: il dominio dell’una è anche quello dell’altra, ed è in questo dominio limitato che sta chiusa tutta la civiltà occidentale, oggi più che mai.
Agire per agire – Qui, noi non possiamo pensare ad esporre come gli Orientali e le dottrine tradizionali in genere considerano la limitazione inerente all’azione e le sue conseguenze; come a tal riguardo essi oppongano la «conoscenza» all’azione, poiché tali considerazioni ci condurrebbero troppo lontano; la teoria estremo-orientale del «non agire» che trova un certo riscontro con quella aristotelica e scolastica del «motore immobile», la teoria indù della «liberazione», e così via, sono cose inaccessibili alla mentalità moderna, per la quale è inconcepibile che si possa pensare a liberarsi dall’azione e, ancor più, che si possa effettivamente riuscirvi.
Inoltre l’azione stessa non vien comunemente considerata che nelle sue forme più esteriori, corrispondenti propriamente al movimento fisico: donde quel crescente bisogno di velocità, quella trepidazione febbrile che caratterizzano talmente la vita contemporanea. Agire per il piacere d’agire, ciò solo può chiamarsi agitazione, poiché nella stessa azione vi son gradi e distinzioni. E solo troppo facile sarebbe mostrare quanto tutto ciò sia incompatibile con la riflessione e con la concentrazione, strumenti essenziali di ogni vera conoscenza. È veramente un trionfo della dispersione nell’esteriorizzazione più completa che si possa immaginare. È la rovina dei resti d’intellettualità che ancora potevano sussistere, a meno che non si giunga a reagire tempestivamente contro tali tendenze funeste.
Del resto, per il fatto stesso che al dominio dell’azione ineriscono possibilità, malgrado ogni apparenza, assai ristrette, non è possibile che uno sviluppo in tal senso anormale si continui indefinitamente e per la forza stessa delle cose, un mutamento di direzione presto o tardi si imporrà. Importante è che le correnti che oggi si intendono a sviluppare un’opera ricostruttrice si rendano pienamente conto di ciò, tanto da poter assumere coscientemente e a giusto tempo la direzione di forze nuove di là da un momento di crisi che potrà esser più o meno ritardato, ma che fatalmente dovrà presentarsi – nella vantata «civiltà dell’azione».
Il moralismo – Avendo già detto del sentimentalismo come di una delle forme principali della regressione intellettuale dell’uomo occidentale moderno, qui si può accennare che uno dei sintomi più notevoli della preponderanza assunta appunto dal sentimentalismo è ciò che noi chiamiamo moralismo, vale a dire la spiccata tendenza a tutto ricondurre a preoccupazioni di ordine morale, o, almeno, a subordinarvi il resto e specialmente ciò che appare di dominio dell’intelligenza […]
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