Evola alla ricerca dell’ortodossia

da Elio Della Torre

Il termine Diorama deriva dal greco antico e, più precisamente, dall’unione tra il prefisso διά, ‘attraverso’, e il sostantivo ὅραμα, ‘veduta’, ‘vista’, ‘visione’, o anche ‘apparizione’. Pertanto, questo sostantivo indica, nella sua accezione principale, un ‘vedere attraverso’, una veduta di prospettiva, una visione d’insieme, un quadro complessivo. Non è un caso che questo termine sia spesso usato soprattutto come titolo di rubriche o di pagine di periodici che cerchino di offrire ai lettori una veduta generale su cronaca e attualità, politica e spiritualità, società ed economia, e così via.

È proprio ciò che Julius Evola cercò di realizzare con quello che, probabilmente, fu il suo più duraturo, nonché più significativo, tentativo di incidere sulla cultura fascista degli anni Trenta, indirizzandola verso un possibile approdo autenticamente spirituale, rigorosamente ortodosso e tradizionalmente orientato. Si tratta della pagina culturale intitolata ‘Diorama Filosofico. Problemi dello spirito nell’etica fascista’ (sottotitolo che poi sarebbe mutato in ‘Problemi dello spirito e della razza nell’etica fascista’ a partire dal dicembre del 1938), terza pagina del quotidiano ‘Il Regime Fascista’ diretto da Roberto Farinacci, che Evola curò dal 1934 al 1943, con uscite irregolari, ora quindicinali, ora mensili, e svariate interruzioni. 

Questa ‘visione’ oggi torna disponibile grazie allo sforzo congiunto di RigenerAzione Evola e Cinabro Edizioni. Ma procediamo con ordine.

L’antecedente del ‘Diorama Filosofico’ fu rappresentato dalla sfortunata esperienza de ‘La Torre’, rivista quindicinale fondata da Evola nel 1930, da lui concepita come un «nuovo tentativo di ‘sortita’ nel dominio politico-culturale» e i cui contenuti si fondavano rigorosamente sul concetto di Tradizione, così come Evola lo aveva mutuato da René Guénon: «volli vedere – scrisse ne ‘Il cammino del cinabro’ anni dopo – fino a che punto con esso si potesse agire sull’ambiente italiano, fuor dal campo ristretto di studi specializzati». 

La rivista, com’è noto, fu oggetto di violenti attacchi da parte degli ambienti fascisti più ottusi: «Essa voleva essere una rassegna della stampa e si proponeva un’azione di bonifica, di critica e di attacco contro tutto ciò che nella stampa di quel tempo era più deteriore: ciò, senza aver riguardi per nessuno e senza avere peli sulla lingua», ricordò anni dopo lo stesso Evola. Dopo il sequestro del terzo numero della rivista, una diffida della polizia, il divieto imposto alle tipografie romane di pubblicarla e le inutili proteste presso il ministro degli interni, Evola, esausto e nauseato, decise di metter fine a questo progetto, che rimase «qualcosa di unico e di inaudito», come scrisse nella sua autobiografia: «Ne ebbi abbastanza, smisi e me ne andai in alta montagna. La rivista aveva avuto cinque mesi di vita. Ne uscirono dieci numeri; cessò il 15 giugno 1930». 

Qualche anno ed Evola tornò alla carica. Grazie all’aiuto di un gerarca ‘illuminato’ quale fu Roberto Farinacci, venne alla luce il ‘Diorama Filosofico’, che fortunatamente sopravvisse molto più a lungo: al di là degli effetti, purtroppo minimi, che ebbe sulla cultura ufficiale del regime, di questa pagina culturale uscirono 89 numeri nell’arco di nove anni. Nel primo numero, che uscì il 2 febbraio 1934, spiccava un editoriale di apertura dello stesso Farinacci dal significativo titolo ‘Formare l’italiano nuovo’. I contenuti del ‘Diorama’ furono i più vari: si spaziava dalla romanità antica ai significati superiori del combattimento e della guerra, dalla storia alla filosofia, dalla metafisica alla religione, dalla psicanalisi alla simbologia, dalla critica di costume alla letteratura, dai temi più politici fino agli studi sulla razza, argomento divenuto portante, come anticipato, dal 1938 in poi. Ogni aspetto veniva interpretato e trattato rigorosamente sotto la lente d’ingrandimento della Tradizione. Il primo sottotitolo, ‘Problemi dello spirito nell’etica fascista’, era in tal senso significativo. 

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In quest’ottica, ovviamente, spiccano due preziose collaborazioni: quella di Guido De Giorgio, il quale aveva già contribuito al progetto de ‘La Torre’, e i cui undici articoli pubblicati sul ‘Diorama’ sono stati rieditati da ‘Il Cinabro’ in ‘Prospettive della Tradizione’; e quella di René Guénon, i cui primi articoli comparvero sulle pagine del ‘Diorama’ con lo pseudonimo di ‘Ignitus’ e che complessivamente contribuì alla pagina evoliana con ben ventisei scritti. Uno di questi, uscito col titolo di ‘Nuovi appunti sulla “civiltà degli agitati”’ e firmato col solito pseudonimo, non fu ripubblicato nella preziosa raccolta curata dalle edizioni di Ar col titolo di ‘Precisazioni necessarie’ e che RigenerAzione Evola, scartabellando la rivista, ha scovato e ripubblicato sul suo sito www.rigenerazionevola.it nel 2021. 

Le altre collaborazioni al Diorama furono articolate e importanti: spiccavano i nomi delle grandi personalità del mondo conservatore mitteleuropeo, spesso facenti capo al complesso e variegato movimento della Konservative Revolution, come Othmar Spann, e non mancò il contributo di alcuni esponenti delle famiglie aristocratiche britanniche, come Edmund Dodsworth, ultimo discendente dall’antica casa regnante di York. Tra gli italiani, Evola si avvalse del contributo di amici ed esponenti del mondo conservatore e tradizionale (alcuni dei quali già collaboratori de ‘La Torre’ e, prima ancora, legati al ‘Gruppo di Ur’) come, oltre al già citato Guido De Giorgio, Massimo Scaligero, Domenico Rudatis, Guido Cavallucci, Roberto Pavese, Carlo Rossi di Lauriano, Francesco Coppola e tanti altri. 

Con il ‘Diorama’, Evola voleva indirizzare la cultura fascista – che risentiva inevitabilmente di molte tendenze centrifughe – verso una linea orientata in senso tradizionale, onde definire, in modo inequivoco, i contorni di una Weltanschauung salda e intransigente, da contrapporre alla decadenza del mondo moderno, quale formidabile arma dello spirito che avrebbe dovuto guidare la riscossa degli ‘uomini nuovi’. Andavano così attaccati e travolti i miti e le dottrine antitradizionali del mondo che si doveva capovolgere: democrazia, liberalismo, capitalismo, socialismo, comunismo, con tutti i loro presupposti e tutte le loro derivazioni (materialismo e relativismo, laicismo e ateismo, laburismo ed economicismo, intellettualismo e borghesismo, individualismo e livellamento orizzontale), in relazione alle quali andava stigmatizzata ogni opposizione più o meno apparente che comportasse derive sub-razionali e sub-coscienti (vitalismo, immanentismo, naturalismo, romanticismo, psicanalisi) per aprire le porte e spianare la strada esclusivamente alle direttrici sovra-razionali […]

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