Nella caotica società dell’uguaglianza non dovrebbero essere tollerate forme di discriminazione, ma contemporaneamente la propaganda e le leggi di mercato impongono agli individui dei modelli a cui tendere, per non essere esclusi da un mondo astratto che reti sociali e mezzi di comunicazione definiscono e in cui rinchiudono tutti i consumatori.
Bellezza e salute seguono criteri decisi in sedi sovranazionali, da qualche grande compagnia che paga dei dipendenti per elaborare immagini pubblicitarie, modelli e slogan.
Eppure una donna o un uomo obesi, o comunque in forte sovrappeso, manifestano una patologia grave, che non investe soltanto la sfera dell’estetica. Questi ‘tempi obesi’ – come venivano definiti da Shakespeare nell’Amleto – non ammettono che si tocchi uno dei maggiori consumatori seriali, l’individuo che vive per mangiare e consuma senza freni solo ciò che impone l’industria alimentare. Attaccarlo significa indebolire un sistema che consente un’enorme circolazione di denaro, non solo tra le aziende che offrono prodotti alimentari o catene di ristorazione, ma anche tra le industrie farmaceutiche che curano sintomi e conseguenze di questa malnutrizione.
Stesso discorso si potrebbe fare per chi soffre di patologie dermatologiche o circolatorie: dalla cellulite all’acne, dalla forfora alla pelle grassa o all’ipertricosi.
Spesso gli inestetismi sono provocati da una strategia organica di espulsione delle forme di intossicazione di organi o di sistemi, in altre parole da disordini interni che possono avere origine nel sistema endocrino, nervoso, cardiovascolare oppure nell’apparato gastrointestinale. In altre parole, pelle, annessi cutanei e tessuto adiposo sono punti di sfogo organico, quasi sempre riconducibili a disordini ormonali o intestinali, collegati ad alimentazioni scorrette, intossicazioni o squilibri nutrizionali. Obesità, disarmonie tra massa muscolare e massa grassa, imperfezioni nella crescita ossea o muscolare e patologie immunitarie vanno indagate e corrette, non nascoste sotto la coltre del politicamente corretto.
D’altro canto, essere belli, esprimere un’Idea di salute interiore ed esteriore, non è di moda: chi è in salute è malvisto dalla società dell’eccesso, è poco tollerato, in quanto, con la sua stessa esistenza o il suo esempio, pone in una condizione di disagio il grasso, il malato, il brutto. Al contrario, chi è malato è esattamente corrispondente all’ideale della società moderna, che brama il disagio, la debolezza. Inoltre, non si può non considerare che l’attrazione verso un certo carattere fisico abbia un’importante funzione nella selezione sessuale di una specie: ciò che consideriamo bello, infatti, è spesso indice di buone condizioni fisiche.
La bellezza, ad ogni modo, non è soltanto espressione di salute, ma manifestazione di armonia di forze e disposizioni interiori. È misura e proporzione, equilibrio e coesistenza di contrari. «La bellezza: che tremenda e orribile cosa! […] Là gli opposti si toccano, là vivono insieme tutte le contraddizioni!» (Fedor Dostoevskij, ‘I fratelli Karamazov’).
La perdita del senso di equilibrio genera i mostri della modernità: eccesso di magrezza o eccesso ponderale, artificiosità e trucco portati all’estremo o assenza del senso di pulizia e cura per il proprio corpo.
«Con il caos non esistono limiti, differenze, originalità. La dismisura è prevaricazione e violenza bruta. È sfida al divino, alla tradizione, alla natura. È ostentazione della propria forza» (Oliver Rey, ‘Dismisura’) […]
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