Proteggere Tolkien dalle follie del mondo moderno

da Paolo Paron

Qual è la massima aspirazione delle persone al giorno d’oggi? Risposta: il Potere! Scritto maiuscolo poi, perché deve essere grande. 

Ebbene, tutte le opere di Tolkien ci invitano proprio a diffidare di lui, a starne lontani, ci ricordano che questo è il male assoluto. Questo è un messaggio quanto mai attuale!

Ci sono vari tipi di potere. Quello che oggi ci viene proposto in mille modi e sotto varie forme è quello economico. Il denaro e la ricchezza sono sentiti come uno scopo di vita. Tolkien ne ‘Lo Hobbit’ descrive questo come un asservimento. 

Thorin Scudodiquercia è un grande guerriero, ma il suo spirito è minato da questo attaccamento alla ricchezza, attaccamento che alla fine potrebbe persino portare a un totale fallimento della missione, se non fosse per un personaggio che è l’esatto opposto di Thorin, perché è limpido, distaccato, capace di anteporre il bene comune rispetto ai propri egoismi: Bilbo Baggins.

Tutto questo dà spessore al libro, lancia un messaggio chiaro e forte ai lettori, ma difficilmente può essere colto attraverso i fotogrammi della trilogia filmica di Peter Jackson. 

Lo possiamo anche capire, è un’arte diversa, che si deve basare molto sull’azione e sulla vista, un po’ meno sul cuore e sulla trasmissione di un messaggio, ma questo ci può far comprendere la diffidenza dei figli di Tolkien verso la riduzione filmica delle sue opere.

Il libro de ‘Il Signore degli Anelli’ contiene un messaggio ancora più forte nei confronti del Potere perché in questo caso si parla di dominio sulle terre e sulle coscienze: Sauron vuole dominare il mondo, ma certamente non per renderlo più luminoso, bello, naturale, ma per stravolgerne tutte le leggi e deturparne tutte le bellezze.

Tolkien è grandioso in questa narrazione, perché analizza lo spirito, il cuore degli esseri e li descrive. Saruman, il semidio inviato per salvare il mondo manifestato, alla fine si lascia irretire dal potere oscuro e questo perché già lui era minato in partenza a causa del suo orgoglio. Gandalf e Galadriel, nella loro umiltà e, pur sapendo che avrebbero operato per il bene della Terra di Mezzo, rifiutano l’Anello perché sanno che il suo Potere li avrebbe corrotti e alla fine li avrebbe portati verso il lato oscuro del loro cuore. Denethor, il Sovrintendente della Città di Minas Tirith, cade perché il suo orgoglio gli impedisce di seguire la via del Vero e del Giusto e resta vittima della sua brama di potere che comunque vede usurpato – secondo lui – dall’eventuale ritorno del Re. Suo figlio Boromir, grande guerriero, ma troppo sicuro di sé e dall’ego troppo gonfio, muore in modo onorevole, ma dopo aver quasi causato la cattura del Portatore dell’Anello.

Le dinamiche alla fine sono sempre semplici, palesi e Tolkien le descrive, insieme alla grande epopea dello scontro epocale, ai grandi Re e ai personaggi minori ma dalla grande sensibilità e, alla fine, tutti si rivelano utili per la vittoria finale sul Male e sulla Potenza distruttrice del Potere.

Anche qui però i film, bellissimi nella loro parte spettacolare, grandiosi nelle battaglie, non riescono a rendere lo scontro sottile che avviene nei cuori dei protagonisti e ancora una volta ci convincono che lo scopo fondamentale di un bel film deve essere quello di invitare a leggere il libro da cui prende origine, perché alla fonte si trovano insegnamenti e descrizioni difficilmente rintracciabili altrove.

Significativo il fatto che l’episodio di Tom Bombadil venga completamente cancellato dalla riduzione filmica del libro. Tutti comprendiamo che sia stato fatto perché circoscritto a un breve capitolo del libro, ma Tom è un personaggio fondamentale perché è colui che resta totalmente insensibile al Potere dell’Anello, calato totalmente nella Natura, forse fonte di essa, comunque elemento fondamentale della narrazione tolkieniana […]

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