Non ci sono più gli eroi machisti di una volta. I pochi che resistono devono darsi alla macchia. Confessare ed espiare le loro colpe. Non proprio castrarsi, sarebbe eccessivo. Almeno astenersi dal manifestare eccesso di testosterone, piangere ogni tanto, scoprire il lato femminile. Ricordate quello sciupafemmine di Mister No? Pare che frequentasse donne per celare la sua larvata omosessualità. Non mettiamo in giro queste voci o il nostro torna per prenderci a sganassoni. Jerry Drake è scomparso dalle edicole e le edicole stanno a loro volta scomparendo dalle città. Gli eroi ‘classici’, vista l’aria che tira, si stanno dileguando. Tex resiste, ma è vedovo e, se pure non sia mai stato il massimo dell’inclusività, come si dice ora, non lo si può certo accusare di dongiovannismo. A suo tempo, tuttavia, il papà del celebre ranger, Sergio Bonelli, raccontava di essere stato accusato di farlo fumare in quanto pagato da una multinazionale del tabacco. Era l’epoca, remota, in cui il politicamente corretto iniziava ad alzare la voce. Da allora la situazione è sfuggita di mano. Quella che è stata giustificata come la necessità improcrastinabile di affrontare la fluidità di genere sta sessualizzando ogni trama, stravolgendo le dinamiche sentimentali tradizionali e mettendo in discussione anche le amicizie. Ogni due per tre potrebbero (dovrebbero) rivelarne almeno una omo.
Sembra proprio che si sia innescato un circolo (virtuoso per taluni e vizioso per altri) per cui gli autori sanno che, se si tocca un determinato argomento, il loro lavoro verrà privilegiato dai selezionatori. Quella che inizialmente era una minoranza da ‘proteggere’ si appresta ad affermarsi come maggioranza egemonica nel cinema, nei fumetti, in televisione, ovunque si fabbrichi immaginario collettivo. La mitologia contemporanea va smantellata e rimpiazzata. Intendiamoci, non riteniamo – come ha dichiarato Luca Barbareschi intervenendo lo scorso aprile alla presentazione della mostra ‘Eccentrici e solitari’ a Sutri – che dietro questa strategia ci sia la «mafia dei froci». Persino Vittorio Sgarbi, fasciato nel suo tricolore di sindaco del piccolo Comune viterbese, si è sentito costretto a prendere le distanze da una volgarità così gratuita.
Le indifendibili affermazioni di Barbareschi hanno il torto di buttarla in caciara, di passare dalla parte del torto, di svilire una questione che andrebbe trattata, per quanto possibile, seriamente.
Ben venga quella che viene chiamata per l’appunto ‘inclusività’, la narrazione di percorsi e persone, sino a l’altro ieri indubbiamente discriminati, attraverso personaggi nuovi. Trasformare un eroe in un araldo del politicamente corretto, soffermarsi sulla sua sessualità, soppesarla con il bilancino per farne un valore aggiunto per il movimento LGBT (Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender) è francamente stonato, oltre che controproducente per la causa.
Netflix, da parte sua, ha prodotto una raffica di contenuti a tematica LGBT: da ‘Halston’, la miniserie in cinque puntate dedicata alla vita disordinata dello stilista Halston, celebrità americana anni Settanta e alfiere del self gay man, a ‘Perché sei come sei’, serie in cui c’è il costante riferimento all’ideologia femminista e la denuncia della toxic masculinity, la mascolinità tossica, definita dalla psicologia come «l’insieme di tratti maschili socialmente regressivi che servono a favorire il dominio, la svalutazione delle donne, l’omofobia e la violenza insensata». In arrivo anche la seconda stagione di ‘Special’, il cui protagonista è Ryan, trentenne disabile e rigorosamente gay.
Neanche a dirlo, la Marvel è in prima fila: Capitan America va congedato, messo a riposo, troppo nazionalista, molto probabilmente filorepubblicano. Quel ricorrere al lancio dello scudo non va incontro, per tornare all’attualità, al sentimento del popolo americano che reclama (giustamente) un maggior controllo sulla vendita delle armi. Via lo scudo! Si dia una calmata.
Quale migliore occasione del suo compleanno, ottant’anni suonati, per celebrarlo e al contempo accompagnarlo alla porta? La nuova serie, dal titolo ‘The United States of Captain America’, ha il sapore amarognolo di un passaggio di consegne. Dovrà ritrovare lo scudo che gli è stato rubato, questa la nuova mission, pensata appositamente per sostenere i diritti delle persone LGBT. Nel suo pellegrinare per gli Stati Uniti, Capitan America incontrerà diverse persone che, emulandolo, proteggono i membri delle proprie comunità, una sorta di replicanti regionali in salsa rosa. Largo ai giovani, pertanto, meglio ancora se omosessuali. Ed ecco Aaron Fisher, adolescente gay, paladino della comunità LGBT, l’ultimo coprotagonista a vedere la luce, per ora solo su carta. A disegnarne le fattezze l’illustratrice transgender messicana, Jan Bazaldua: «Sono felice di aver dato vita a un personaggio apertamente gay che combatte per le persone invisibili agli occhi della società». Aaron Fisher viene chiamato Captain America of Railways, ovvero Capitan America delle Ferrovie, a causa dell’ambientazione urban, treni abbandonati che fungono da rifugio per senzatetto e luogo aggregativo di adolescenti in fuga, versione americana dei nostri Centri Sociali. Per lo sceneggiatore, Joshua Trujillo, l’ispirazione è arrivata pensando a tutti i giovani attivisti che lottano con coraggio per rivendicare i propri diritti in tema ambientale, sociale e politico. La speranza – sottolinea Trujillo – è che questa storia ispiri le prossime generazioni di lettori. Attenzione: formare eroi o formare gay? Va bene combattere i cattivi che vogliono distruggere il mondo – questa la neoformula marvelliana – ma rivendicare con orgoglio il proprio orientamento sessuale o di genere, cercando di proteggere i più deboli, è davvero preferibile? […]
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