Michel Houellebecq, l’antimoderno

da Flavia Costadoni

Chiunque si interessi di letteratura e del panorama letterario avrà sicuramente notato che gli autori che fanno parlare di sé sono sempre quelli più trasgressivi. Quelli che alzano la testa, sono irriverenti, hanno idee controcorrente e non hanno paura di esprimerle. 

Michel Houellebecq, all’anagrafe Michel Thomas, non fa eccezione. Houellebecq non è un prodotto creato ad hoc, per dare parvenza di libertà di pensiero: Houellebecq e la sua penna feroce sono la prova di quanto la sua, poco ortodossa, trasgressione sia effettivamente apprezzata. 

Si muove in una Francia contemporanea che vede in falsi idoli un fantoccio d’identità, si piega e si sottomette sotto il vessillo dell’inclusione, si censura per non compromettere il motto della egalité. Ed è così che la gente si ritrova ad apprezzare le parole e disprezzare l’uomo, proprio come ‘la prostituta’ che lui stesso dice di essere (confessando di scrivere per il successo, per ricevere applausi) che tutti denigrano ma che segretamente amano. In un panorama letterario popolato da storici politicamente schierati, che applicano con estrema puntualità un revisionismo storico degno dei migliori, rivisitazioni in chiave politicamente corretta e rigorosamente antifà di esempi di morali per tutti noi, nonché l’onnipresente caravanserraglio del pensiero unico, si ha la non tanto sbagliata impressione di assistere a un decadimento sociale, che colpisce in modo efferato quello culturale. Spogliata delle vesti di portatore di cultura ed elevazione spirituale,  la letteratura diventa un teatro di mediocrità al servizio della propaganda necessaria al momento, volto a irretire la mente e depredare lo spirito per toglierci ogni brandello di umanità e farci diventare meri consumatori, anche di libri.

Poi vengono scrittori come Houellebecq, antipatici erotomani che sembrano vecchi reazionari col dono della preveggenza. Ma Houellebecq sfugge. Sfugge alle persone che non riescono a comprendere i suoi simboli. 

Ed è così che ti guadagni la nomea di irriverente, trasgressore dei valori democratici, il ribelle che occupa i salotti letterari, appesta le librerie con i suoi bestseller e invade il campo del giornalismo con i suoi pensieri antimoderni. Ma Houellebecq non è questo, non è il ribelle in motocicletta che scardina i preconcetti del sistema solamente per far parlare di lui, per essere eccentrico e scuotere in modo superficiale il perbenismo borghese. Michel Houellebecq ha una poetica profonda, che porta volenti o nolenti i suoi lettori a doversi confrontare con l’orrenda ombra in cui viviamo. 

«Ho guardato in ogni dove e non ho visto altro che oscurità» una delle massime care ad Houellebecq attribuita al poeta francese Pascal, massima che racchiude tutti i temi ricorrenti nei suoi romanzi: più palese tra tutti è proprio la decadenza della società occidentale, pensiero che prevalentemente l’ha reso il trasgressivo che tutti dicono sia; eppure questa decadenza del mondo occidentale è tangibile e lampante, anche negli occhi di chi continua a vedere nel progresso la soluzione ai mali del nostro mondo, nella democrazia così declinata il migliore dei mondi possibili. La decadenza, la crisi dei valori, delle idee e dell’uomo stesso sono il fil rouge dell’opera di Houellebecq, sono lo sfondo e tratto principale dei suoi romanzi, mentre i suoi personaggi sono la declinazione dell’uomo contemporaneo, che si limita a esistere soggiogato dalla società che non lo rappresenta e in cui si sente molto stretto. I personaggi di Houellebecq non subiscono un risveglio dello spirito, ma ne percepiscono l’assenza in modo completamente naturale, senza grandi avventure, senza scandali, senza eventi sensazionali.

Cominciano a guardare il mondo con occhi nuovi, cominciano a vedere i nodi che li attanagliano, cominciano a sentire la mancanza di una spiritualità non solo offuscata ma totalmente denigrata dal loro presente […]

VUOI CONTINUARE A LEGGERE QUESTO ARTICOLO?
ACQUISTA O ABBONATI ALLA RIVISTA:

Ti potrebbe piacere anche

Lascia un Commento