La guerra dimenticata del Donbass

da Cristina Di Giorgi

Raccontare le guerre è difficile. Sempre. Perché trovare le parole per descrivere la morte e la sofferenza nelle sue varie terribili forme è cosa non da tutti: riescono a farlo solo le persone estremamente sensibili e capaci, coraggiosamente, di condividere l’incubo con chi lo respira quotidianamente.

Ed è proprio questo quello che fa Vittorio Nicola Rangeloni, giovane reporter italiano che, fin dal 2014, è al lavoro in Donbass per documentare quello che succede in tali martoriate regioni.

“Per dare voce a chi vive sotto le bombe nei villaggi e nelle trincee da oltre sette anni” dice lui stesso.

Molti dei suoi scritti, che rappresentano un drammatico mosaico di sangue, bombe, dolore, orgoglio e spirito patriottico, sono stati raccolti in un libro intitolato Donbass. Le mie cronache di guerra (Idrovolante edizioni 2021). Un libro che, alla luce dei recenti sviluppi sulla scena ucraina, acquista un valore estremamente rilevante per capire almeno una parte delle radici (antiche) di un conflitto che tocca da vicino l’Europa. E che, quanto al Donbass, è stato fin troppo trascurato dai principali media occidentali.

Partendo dalla cronaca di quel che avvenne in Piazza Maidan a cominciare dal novembre 2013, l’autore mette su carta la sua esperienza diretta sul campo. E traccia, con coinvolgente semplicità, una rete di storie fatta di testimonianze, di momenti molto intensi, di battaglie vissute anche in prima persona (è tra i pochissimi giornalisti che ha trascorso intere giornate in trincea insieme ai combattenti).

Dalle sue pagine, che scorrono veloci e avvincenti come quelle di un romanzo, traspare la forza d’animo, la dignità e anche la paura e il dolore di un popolo che fin troppo spesso si è sentito dimenticato da un mondo che, oggi, si schiera giustamente al fianco dei civili ucraini anch’essi vittime. Un mondo che però, con un’ipocrisia evidente, non sa o finge di non sapere che nelle Repubbliche di Lugansk e Donetsk le bombe colpiscono e uccidono da quasi sette anni. E sono bombe ucraine.

Bombe come quelle cadute non lontano dal giardino di Rita, una bimba di pochi anni che gioca con una scatola di ferro contenente le ogive dei bossoli raccolti nei pressi della modesta casa in cui vive con i genitori, sulla linea del fronte di Zaitsevo. Bombe come quelle che hanno ucciso Kedr, un giovane senza un braccio che combatteva per difendere il suo villaggio, Kominternovo.

Questi sono solo alcuni esempi delle storie raccontate da Rangeloni, che peraltro non ha solo ascoltato e riportato la verità di quanto accaduto alla gente del Donbass ma ha anche cercato, collaborando con volontari locali e organizzando iniziative umanitarie, di aiutarla concretamente.

“Scrivo, scatto, viaggio e sogno un mondo più giusto” è la frase che campeggia sulla seguita pagina social di Rangeloni. Quel mondo lui sta sicuramente contribuendo a costruirlo, raccontando quel che accade con parole, foto e video e rendendo merito a chi difende la sua terra in Donbass. E tutti noi possiamo aiutarlo, non rendendoci complici dell’ignoranza ipocrita che regna in Occidente e contribuendo, con consapevolezza, a diffondere la verità.

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