Cavalcare la tigre digitale?

da Renzo Giorgetti

(Intervista a Giacomo Zucco, a cura di Renzo Giorgetti)

Cosa è il Bitcoin? 
La parola ‘Bitcoin’ descrive molte realtà connesse ma differenti. Con l’iniziale maiuscola, la parola descrive innanzitutto l’idea di sistema di ‘cash digitale p2p’ presentata dal crittografo e attivista pseudonimo noto come Satoshi Nakamoto nel 2008. Descrive inoltre: il primo programma informatico che implementa quell’idea (inizialmente creato da Nakamoto, ed ancora oggi aggiornato e migliorato ogni giorno da migliaia di volontari in tutto il mondo), il protocollo di consenso seguito da quel programma e da altre sue ‘varianti’ compatibili, la rete di calcolatori e la comunità di persone che mantengono ed utilizzano il sistema. Con l’iniziale minuscola, la parola ‘bitcoin’ indica una (arbitraria) unità di valore generata dal funzionamento della rete ‘Bitcoin’, nel momento in cui scrivo corrispondente al potere d’acquisto di circa 60.000 dollari americani. Per estensione, il termine ‘bitcoin’ rappresenta anche l’asset class costituita dall’insieme di tali unità (un po’ come il termine “oro” rappresenta anche il metallo prezioso nel suo insieme).


Di fronte allo strapotere degli Stati e alla loro crescente invadenza anche nella sfera privata, può il Bitcoin costituire uno strumento di difesa?

Questo è lo scopo esplicito per il quale Bitcoin è stato creato: una risposta affermativa rappresenterebbe il successo del progetto, una risposta negativa un suo totale fallimento. In particolare, l’obiettivo di Bitcoin è quello di costituire uno strumento di difesa contro due fenomeni distinti che sono entrambi caratteristici della moneta fiat attuale (ossia, una valuta nazionale non ancorata al prezzo di una materia prima come oro o argento, il cui valore è legato in larga parte alla fiducia nei confronti dell’autorità che la emette, N.d.R.): il primo fenomeno è la manipolazione finanziaria, in veste di inflazione continua, crisi iperinflattive periodiche, fallimenti ciclici, distorsioni economiche, ecc.; mentre il secondo è il controllo finanziario, attuato mediante tracciamento, censura, esclusione, confisca e così via. 

La tracciabilità delle transazioni, visibili a chiunque, così come la consistenza dei patrimoni, anch’essi visibili a chi conosce il public address di qualcuno, non costituiscono una minaccia alla privacy nonché alla sicurezza della persona?
Sì, decisamente. Per questo motivo è di massima importanza l’educazione a un corretto utilizzo del sistema Bitcoin, che minimizzi la diffusione delle informazioni sensibili e massimizzi la privacy e la sicurezza. L’espansione molto rapida del fenomeno ha per il momento portato alla diffusione di pratiche molto pericolose sul lungo termine, ma convenienti sul breve: il riuso degli stessi indirizzi Bitcoin per pagamenti diversi (quasi come fossero ‘indirizzi IBAN’ statici, quando invece il protocollo prevede ‘invoice‘ a uso singolo), l’ignoranza di best practices di sicurezza raccomandate dagli esperti del settore (come ‘CoinJoin’, ‘CoinSwap’, ‘CoinControl’, su tutti), l’acquisto di Bitcoin tramite servizi che tracciano meticolosamente dati sensibili – tra cui residenza, documenti, quantità acquistate e indirizzi di prelievo pubblicamente visualizzabili – per poi concentrarli in liste ‘KYC/AML’, condivise con migliaia di persone in tutto il mondo, preparando il terreno per degli inevitabili ‘leak‘ (fughe di notizie riservate) con conseguenze potenzialmente molto gravi […]

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