La satira fa sul serio

da Alessio Di Mauro

La copertina del tuo libro ‘Banzai. Dieci anni di vignette e satira spericolata’, è una vignetta dedicata proprio a te. L’autoironia è una tua qualità personale o un tratto ipoteticamente necessario per i vignettisti?

Un autore satirico privo di autoironia sarebbe un po’ come un macellaio vegetariano. Detto questo, il mondo della satira disegnata è estremamente eterogeneo. È il regno della libertà assoluta dove non c’è una formula predefinita e in cui ognuno porta la propria specificità, la propria ‘calligrafia’. Trovare un proprio stile, un proprio linguaggio e una propria alchimia grafica è forse l’elemento fondamentale capace di rendere riconoscibile e credibile il vignettista. Fondamentale è anche riuscire a imprimere sulle proprie tavole una visione del mondo. Se la satira non veicola una sensibilità, una visione di mondo rischia di diventare superflua. 

In questi dieci anni di lavoro e mordace ironia, c’è qualche personaggio a cui ti sei affezionato particolarmente? Dopotutto a disegnare per così tanti anni uno come Renzi non si può iniziare a non volergli bene…

Stai scherzando, vero? Uno dei maggiori rischi per un vignettista satirico è proprio quello di far diventare simpatica la propria vittima, d’innamorarsene in qualche modo. La satira nasce con l’intento nobile di riaffermare quella dimensione sacra in cui dovrebbero muoversi le cose serie del mondo, come la politica e la fede, imbarbarite dalla condotta dei potenti. Ergo, è vietato indulgere con coloro che devono essere considerati a tutti gli effetti i traditori del popolo e dei valori più nobili dell’esistenza. Insomma, quando un politico, invece di indignarsi, ti chiede divertito l’originale con dedica della vignetta che lo riguarda, significa che hai fallito.  

Ci stai forse dicendo che la satira nasce ‘conservatrice’?

Certamente. La satira nasce a Roma quattro secoli prima di Cristo, con l’intento di creare quella sorta di effetto catartico, cui accennavo prima, nei confronti della politica e non solo. Il suo intento è appunto quello di riaffermare il sacro dell’esistenza, minacciato dal cinismo dei potenti. In fondo a ogni autore satirico, dunque – da Giovenale a Quintiliano – c’è un moralista e un conservatore. La sinistra, in tempi più recenti, si è appropriata di questo genere, ma è evidente che non è roba loro. A quelle latitudini, infatti, la satira è solo pura dissacrazione. Distruzione sistematica di ogni riferimento ideale. Basti guardare quello che in Francia fa un giornale come ‘Charlie Hebdo’. Uno come me le vignette dissacratorie nei confronti di una fede non le avrebbe mai fatte. Un conto è prendersela con i talebani o con il Vaticano, realtà che sono espressione di un potere. Tutt’altra cosa è sbertucciare Allah o la figura di Gesù Cristo. «Scherza con i fanti, ma lascia stare i santi», diceva un vecchio adagio, carico di saggezza. La satira vera è quella che si scaglia non già contro il patrimonio nobile delle idee e dei valori degli uomini, bensì contro coloro che tradiscono quel patrimonio, per proprio tornaconto personale […]

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