#FOODPORN: quando il cibo diventa ‘eccitazione’

da Chiara Soldani

Pellegrino Artusi, celebre gastronomo nonché autore del ricettario ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’, così scriveva: «Se l’uomo non appetisse il cibo o non provasse stimoli sessuali, il genere umano finirebbe subito». Un binomio (quello fra cibo e sesso) certamente ancestrale ma mai, come oggi, attuale e dibattuto. L’Artusi è stato rivoluzionario per l’epoca, ha osato alla D’Annunzio o alla Marinetti: e se il gastronomo di Forlimpopoli fosse vissuto oggi? Certo si sarebbe trovato a suo agio, parlando di food porn. Il ‘porno cibo’, italianizzando: uno dei più moderni e social tormentoni, una moda e, talvolta, un’autentica ossessione. Food porn come hashtag, come collettiva valvola di sfogo e surrogato affettivo: food porn come esplorazione del cibo in absentia, appagamento virtuale di mancanza e bisogno reale. La versione pornografica del cibo, la sua declinazione 2.0, vanta cifre da capogiro: il solo hashtag  #foodporn (su Instagram) viaggia sui 300 milioni di post circa. Da cosa scaturisce questa convulsa reiterazione di contenuti, questo affanno (talvolta eccessivo) del ‘fotografare prima ancora che assaggiare’? Da cosa deriva, inoltre, la proliferazione di post, profili social e blog sponsorizzati? Le ragioni sono molteplici. Psicologia comportamentale, neuromarketing, moda, gusti e abitudini alimentari: il food porn ha la straordinaria capacità di rivelarsi, trasversalmente, un’autentica calamita. Un tempo, i ragazzi sognavano una carriera alla Ronaldo degli anni d’oro, nel ‘magico mondo del calcio’. Oggi, il sogno del calciatore non si è certo estinto: piuttosto, un po’ affiancato dal desiderio di fare lo chef, il cuoco o più semplicemente l’influencer di cucina.

Oppure ancora (come dicono i ferratissimi in materia d’inglesismi), il content creator alla Benedetta Rossi di ‘Fatto in casa per voi’ o conduttore sbracato alla Rubio di ‘Camionisti in trattoria’. Dopo moda e bislacchi derivati, ecco che la narrazione esclusiva del food (possibilmente porn), si rivela oramai collaudato ed efficace mezzo per procacciarsi followers, aggiudicarsi remunerati sponsor e cullare l’intramontabile sogno dell’ambita popolarità. Basti pensare ai fenomeni tv e social quali Antonino Cannavacciuolo, Simone Rugiati, Benedetta Parodi e molti altri: una squadra di calcio, dalla rosa infinita (come lo sterminato terreno di gioco di Holly e Benji). Insomma, il cibo funziona. Funziona, pure, nella sua doppia accezione: sia casta e pura che trasgressiva e porno. Non va infatti sottovalutato il fenomeno del Veganesimo. Una vera e propria ‘religione’, per i più fanatici: una filosofia di vita integralista, una visione del mondo viziata di intransigenza e dispotismo. Il vegano medio, considera il cibo nella sua versione porno come un peccato originale: una creatura minacciosa da combattere, condannare, proibire. Due approcci estremi, al cibo: due treni su binari paralleli ma in opposte direzioni. Ma anche, due facce di una stessa medaglia: un posticcio Giano bifronte, bizzarro e moderno. Quanto i social influenzano scelte, comportamenti e gusti alimentari degli avventori virtuali? Molto, moltissimo. Ne è esempio il più grande movimento vegano del mondo e la sua annuale sfida: Signore e Signori, ecco a voi ‘Veganuary’! Questa organizzazione senza scopo di lucro è assai attiva nella diffusione della cultura vegana. Attenta alle iniziative social, ‘Veganuaryv diventa una vera e propria sfida salutista, nel solo mese di gennaio. I latini dicevano in medio stat virtus (alludendo all’equilibrio dicotomico rispetto al proverbiale fanatismo vegano): non vanno sottaciute, infatti, le derive estremiste ed autodistruttive quali l’ortoressia. L’ossessione patologica verso la selezione e consumo di ‘cibi sani’ spesso prevede l’eliminazione radicale di grassi animali: ecco quindi che l’ortoressia, manifesta preoccupanti attinenze col mondo professato da Veganuary&Co. Cruciale è anche il ruolo delle influencer: schiera di non meglio precisate ‘lavoratrici di Instagram‘, che condividono regimi alimentari spesso malsani ed eccessivamente ipocalorici. Incentivando, invece, l’acquisto (con tanto di ‘codice sconto e swipe up‘) di biberoni detox, tisane dimagranti e pasti liofilizzati (che, di pasto, hanno giusto il nome). Un mondo moderno contro cui, anche stavolta, rivoltarsi come Evola insegna. Da un estremo, all’altro: ‘Pane, amore e pandemia’. Parafrasando ad hoc il celeberrimo film di Comencini, anche il primo e più severo lockdown ha stravolto, esasperato il rapporto col cibo. C’è chi ha ridotto le calorie e chi, di contro, ha investito tempo, energie (ed assaggi) nei disparati manicaretti. Nelle più forsennate preparazioni di pizze, dolci e biscotti vari. Nei mesi dell’isolamento forzato, in quell’interminabile periodo dove solo gli assalti agli scaffali dei supermercati erano concessi, le abitudini alimentari si sono notevolmente trasformate […]

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