Negli ultimi giorni di ottobre del 1968, la RAI realizza a Venezia una trasmissione di durata un’ora voluta da Pier Paolo Pasolini, a colloquio con il poeta americano Ezra Pound. È l’incontro non soltanto di due poeti, ma anche di riconciliazione per Pasolini, che era stato ostile e durissimo verso Pound e ora assume la veste del discepolo volto al Maestro ritrovato in modo attento e rispettoso. È un incontro epocale, possiamo dire: entrambi a rappresentare – non i soli certamente – la voce alta e profetica di un Novecento inquieto. E tanto più questo rendez-vous risulta coinvolgente ed emotivo nel grigiore presente della vergogna pandemica. Pound morirà il 1° novembre del 1972, il giorno d’Ognissanti, sepolto nell’isola di San Michele; stessa sorte toccherà a Pasolini il 2 novembre del 1975, giorno dedicato ai defunti, assassinato sul Lungomare di Ostia.
Non sono in grado di affermare se e quanto l’incontro con Pound fosse premessa di quel percorso che – interrotto con la sua brutale morte – portava Pasolini a divenire solitario analista della società contemporanea e a scegliere d’essere ‘fuori dal coro’ in una ricerca politica e civile con un intimo e sofferto afflato di istanze spirituali. Sarà ‘una lunga incomprensione’ nei suoi confronti: così la definiranno – questo il titolo di un buon libro (2010) – trattando l’atteggiamento verso di lui da parte della sinistra (Gianni Borgna) e della destra (Adalberto Baldoni). Forse, però, ignorando che «il Poeta non è di alcun partito altrimenti egli diverrebbe un semplice mortale», come già aveva sentenziato di sé Charles Baudelaire…
In quello stesso anno – 16 giugno 1968 sulle pagine de ‘L’Espresso’ – usciva ‘Il PCI ai giovani’, poesia a firma di Pasolini nata dal clamore e dalla generale impressione derivata dagli scontri tra gli studenti in corteo e la celere a Valle Giulia, il 1° marzo, davanti alla Facoltà di Architettura. Poesia letta, commentata e interpretata come polemico attacco agli studenti, espressione della borghesia quale ceto dominante, presuntuosi e arroganti di contro ai poliziotti, provenienti dall’abbandono delle campagne e dal proletariato urbano. «Avete facce di figli di papà. | Buona razza non mente. | Avete lo stesso occhio cattivo. | Siete paurosi, incerti, disperati | (benissimo) ma sapete anche come essere | prepotenti, ricattatori e sicuri: | prerogative piccoloborghesi, amici. | Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte | coi poliziotti, | io simpatizzavo coi poliziotti! | Perché i poliziotti sono figli di poveri».
A quei medesimi giovani borghesi, frutto dell’omologazione del sistema capitalista, Pasolini si rivolgerà di nuovo in un articolo apparso sul ‘Corriere della Sera’ del 7 gennaio 1973 e dal titolo ‘Contro i capelli lunghi’, che inaugurerà una serie di interventi su vari giornali e che saranno raccolti in libro, dal titolo ‘Scritti Corsari’, pubblicato nel maggio del 1975. Nel medesimo anno egli pubblica nella collana ‘Gli Struzzi’, per Einaudi, la raccolta completa di poesie scritte in friulano ‘La nuova gioventù’. Pasolini aveva trascorso parte della sua giovinezza a Casarsa della Delizia, in provincia di Pordenone, dove è sepolto e a cui era particolarmente legato. In Friuli, alle malghe di Porzûs, era stato assassinato il fratello Guido, partigiano della Divisione Osoppo, da comunisti asserviti al IX Korpus titino. Pasolini, quasi presago del destino che andrà compiendosi nel medesimo anno, si affretta, si affanna, sembra quasi che intenda lasciare l’opera sua a testamento. ‘Saluto e augurio’, infatti, si intitola l’ultima poesia edita e fedele all’annuncio dei primi versi, ‘a è quasi sigùr che chista – è la me ultima poesia par furlàn’, non ne scriverà altri (1974). Del resto, l’anno successivo il suo corpo verrà ritrovato, come s’è scritto, il 2 novembre del 1975 sul litorale di Ostia […]