Scocca la freccia (e conosci te stesso)

da Giorgio Lucchesi

In che cosa consiste questa pratica e come può essere tenuta viva anche in circostanze e condizioni, per vari motivi, ‘ostili’ come quelle attuali?

Nelle circostanze decisamente ostili nelle quali siamo costretti a vivere in questi tempi ovviamente la pratica del Kyudo, nel suo complesso, ne può risentire. Ma proprio tale esperienza ci ha ricordato che questa pratica, nella sua essenza, è sempre possibile, in quanto essa consiste nel modificare e migliorare sé stessi. Ovviamente i più fortunati, se dispongono di uno spazio privato all’aperto o possono godere di una sistemazione comoda dentro casa, possono anche avere il privilegio di non abbandonare del tutto, in condizioni come quelle recentemente vissute, la pratica vera e propria, che consiste sostanzialmente nel lanciare la freccia: perché se questo è formalmente il Kyudo, la sua pratica è sempre e comunque possibile, perché richiede semplicemente di stare seduti, in ginocchio, in silenzio e con la schiena dritta, per praticare la contemplazione e assaporare una calma interiore che normalmente permea tutto il tempo dedicato alla pratica del tiro con l’arco.

Quindi la pratica del tiro della freccia, secondo i canoni regolamentari, può anche essere limitata a causa di contingenze e circostanze appunto ‘ostili’, ma il lavoro da svolgere su se stessi, che è il contraltare della prima e che dovrebbe permeare lo stato dell’arciere nel corso della pratica, si può preservare sempre e in qualunque modo. Anche la pratica di gruppo è possibile, sebbene a distanza: tutti i membri dell’Accademia Procesi nei mesi del ‘distanziamento fisico’ si sono dati un appuntamento quotidiano nel quale praticare, nello stesso momento, gli esercizi di contemplazione, così da mantenere alto lo spirito dei singoli ma anche del gruppo.

La vostra Accademia è composta da membri di diverse età e soprattutto di entrambi i sessi. La pratica di un’arte marziale offre agli uomini la possibilità risvegliare quella che Julius Evola chiamava «virilità spirituale» ma anche di «conoscere se stessi». Come si coniugano queste due finalità? 

La caratteristica del Kyudo è quella di usare materialmente un arco, una freccia e un bersaglio. Una delle immagini rappresentative più frequenti della nostra pratica è proprio quella di vedere nell’arco il proprio corpo, nella freccia la propria anima e nel bersaglio lo spirito. Placido Procesi – fondando 40 anni fa un’Accademia – oltre a trasmetterci la possibilità di sperimentare queste autentiche arti in maniera vivente e quindi di aderire attivamente alla Tradizione, ci ha insegnato che questa via, così come le altre vie affini come lo Iaido, devono essere studiate non tanto come arti marziali ma piuttosto come arti… minervali, essendo Minerva l’antica Dea della Sapienza, nata dal cerebro di Giove. Egli ci ha indicato così che il Kyudo e lo Iaido sono arti idonee a consentire l’atto della conoscenza, in particolare della preziosa conoscenza di se stessi. Non a caso, in uno dei due testi di riferimento basilare per gli studenti di Kyudo è scritto: «Dall’urto del ferro sulla pietra fulminee scintille scaturiscono…» […]

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