In microbiologia, la coltura è una tecnica per ottenere la moltiplicazione di microrganismi in un mezzo predeterminato e in condizioni controllate di laboratorio. Nel mezzo vi sono tutti i nutrienti necessari per la crescita della popolazione di cellule, o di microrganismi, e per la sua vitalità, all’unico scopo di studiarne la proliferazione e il comportamento. Ai microrganismi non occorre altro. Al contrario, la cultura (o, meglio, la Kultur) è l’espressione della natura di un popolo, della sua fisionomia, dei suoi legami di sangue e della continuità che, nel tempo, quel gruppo umano è riuscito ad affermare.
Attualmente c’è la ferma intenzione di trasformare la Kultur in coltura, conservando i popoli in un ambiente, e in un mezzo, adatto alla sperimentazione, al controllo in ogni aspetto della loro esistenza, con un grado di libertà e di consapevolezza simile a quello che potrebbe avere una popolazione di batteri o di cellule.
La ‘civiltà delle pandemie’ non si accorge di questa condizione, ma ha il terrore dei microrganismi. Tuttavia, un aspetto dovrebbe essere considerato: l’asepsi non è una condizione naturale. Sarebbe sufficiente smettere di disinfettarsi le mani e iniziare a metterle nella terra. In altre parole, cominciare a coltivare. Noi ci stiamo estinguendo, perché non conosciamo più i nostri territori, non siamo più radicati in un paesaggio che ci rispecchi, non abbiamo più cura dei nostri suoli e, di conseguenza, non abbiamo cura neanche del nostro equilibrio interno e della nostra forza generatrice.
Con una popolazione, al 31 gennaio 2021, di 59.226.539 abitanti, l’Italia decresce ancora ed è questo il vero stato di emergenza. Le cifre raccontano il crollo della natalità in Italia e il progressivo invecchiamento della popolazione: si è passati dai 18 nati ogni 1.000 abitanti degli Anni ‘60, a 10 negli Anni ‘80, fino ai 7,3 del periodo 2016-2020. Nel 2020 sono nati 404mila bambini, per il 2021 la stima è di un calo tra i 384mila e i 393mila. Nonostante la popolazione in età avanzata sia stata le più colpite dall’epidemia, peggiora il fenomeno dell’invecchiamento degli italiani: in 4.572 comuni (dove risiedono 25,5 milioni di persone) si contano più ultraottantenni che bambini con età inferiore ai 10 anni. Si narra che la pandemia abbia ucciso gli anziani, ma sembra aver inciso in modo più rilevante sulle fasce giovani. Ha distrutto le relazioni interpersonali, fondamentali per la crescita, e ha condizionato le prime fasi di sviluppo cognitivo dei più piccoli. Ha ucciso molti più bambini che anziani, riducendo proprio quegli italiani delle nuove generazioni che avrebbero dovuto nascere, e preservare l’avvenire del nostro popolo. Una comunità con scarsa potenza generatrice è un organismo in agonia […]