Ecologia e ambientalismo nella mistificazione sulla ‘sostenibilità’

da Eduardo Zarelli

Tecnicamente, un ‘reset’ è un re-inizio: nel linguaggio informatico la parola significa ‘cancellare’ tutta la programmazione pregressa per un nuovo riavvio dell’elaboratore. Trasposto all’attività umana significa una trasformazione profonda e radicale di tutto ciò che fino a quel momento si faceva e si pensava comunemente. Il tema, ad appannaggio delle oligarchie tecnocratiche e finanziarie in sintonia con quella ampia fetta di mondo legata alla catena di valore della occidentalizzazione, è appunto il ‘great Reset‘ inteso a governare i radicali cambiamenti obbligati dalla sostenibilità. Si tratta di ricalibrare un obiettivo comune: l’estensione del libero commercio globale, l’istituzione di regole mondiali capaci di sostituire il processo decisionale sovrano dei diversi popoli e, appunto, la promozione della uniformità inclusiva dei diritti civili per «trasformare le economie e le società», come affermano gli stessi. In pratica, le contraddizioni ambientali inducono a una rottura epistemica e operativa per transitare il sistema mondo capitalistico nella quarta rivoluzione industriale e conseguente disintermediazione sociale dell’individuo, promuovendo il presunto ‘sviluppo sostenibile’. Dietro le quinte dell’ordinatore economico si tratta di un esplicito adattamento antropologico, in cui le parole d’ordine sono resilienza, adattamento, inclusione. Ma quale credibilità ha il sistema dominante nel volersi riformare data la contraddittorietà intrinseca che lo caratterizza genealogicamente nel rapporto con l’ambiente?

La prima causa della devastazione del mondo naturale va cercata nell’avvento di una mentalità che, connaturata al moderno, ritiene che il mondo sia un oggetto disincantato di cui il dominio umano può disporre a piacere. Poiché le riserve naturali sono reputate inesauribili e gratuite, tutto ciò che è preso o prelevato dalla natura diviene fonte di profitto e, contemporaneamente, si aspira a una crescita infinita. A questi due fattori essenziali se ne aggiunge un terzo: l’esplosione demografica che accresce meccanicamente l’ampiezza della dissipazione.
Basta questa constatazione per contestare l’ambientalismo sostenuto dall’ideologia dominante, che consiste nel sostenere che sia possibile attuare un ‘programma di transizione’ che favorirebbe la protezione degli ecosistemi senza peraltro fermare lo sviluppo illimitato della crescita. È evidentemente un ossimoro che vuole conciliare l’inconciliabile. Qualsiasi forma di ‘capitalismo verde’ o di ‘sviluppo sostenibile’ riduce le quantità ma non muta il paradigma materialistico dominante, rallenta la percorrenza ma non la inverte nella destinazione entropica e nichilistica […]

VUOI CONTINUARE A LEGGERE QUESTO ARTICOLO?
ACQUISTA O ABBONATI ALLA RIVISTA:

Ti potrebbe piacere anche

Lascia un Commento