Ribelli senza il bosco

da Marco Scatarzi

Nel 1952, mentre il mondo si apprestava ad entrare nel vivo della ‘Guerra Fredda’, Ernst Jünger vergava il Der Waldgang: un’opera imprescindibile, della quale resta perennemente attuale la metafora intrinseca del ‘passaggio al bosco’. In quelle pagine, che hanno accompagnato le riflessioni di almeno tre generazioni di militanti, si respira il coraggio di una scissione dal dominio della tecnica, in ordine con un necessario protagonismo delle scelte: agire qui e ora, oltre l’automatismo delle masse, l’egemonia dell’effimero e le consumate accademie del buonsenso. Le suggestioni dell’anarca – capace di tratteggiare con eguale profondità la fisionomia dell’Operaio e la logica catartica delle Tempeste d’acciaio –  hanno ancora il potere di suonare come un monito sincero e terribile: «Il ribelle è disposto ad opporre resistenza. Il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata».

A quasi settant’anni di distanza, messa in salvo la bontà del messaggio jüngheriano, si rende altresì doverosa una riflessione sui ‘massimi sistemi’: in quale contesto è costretto ad operare – allora – colui che sceglie di vivere controcorrente? La tecnica, dismessi i panni del mero strumento meccanico, si è fatta metro di misura dell’intero esistente: sostituisce l’uomo e ne rappresenta il prolungamento pratico, reifica i rapporti e ne sgretola i legami, isola i corpi e ne sorveglia le menti. Tecnico non è più soltanto il mezzo, ma anche il fine; non più soltanto il fenomeno, ma anche il noumeno; non più soltanto il virtuale, ma anche il reale: il potere è sostituito dalla governance asettica degli organismi senza volto; le Patrie – connaturate nel sangue e nel suolo – lasciano il posto allo ‘spazio liscio’ del mercato; i popoli si trasformano in masse ripetibili di utenti anonimi; il lavoro è subordinato al calcolo algoritmico del leviatano digitale. Il miraggio millenaristico della ‘società aperta’, insomma, ha cessato di essere una fantasia delle élite cosmopolite: lo sradicamento dell’homo migrans – la cui mobilità è mutuata da quella delle merci – segue le rotte dello sfruttamento e della delocalizzazione; l’ipertrofia della dismisura cancella i limiti e i confini; le identità sono sacrificate sull’altare della fluidità di genere, del livellamento globale e del meticciato universale. Il progetto mondialista – concretizzatosi nell’ideologia della ‘cancel culture’ e nell’affermazione di un pensiero unico che annienta l’altro da sé – sembra aver esteso il suo dominio in modo assoluto […]

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