Hanno ucciso l’uomo maschio. (Chi sia stato, lo si sa)

da FUOCO

Le mura delle nostre città sono tappezzate di necrologi, a testimonianza dell’androcidio sociale e culturale che, dopo essere stato perpetrato per anni ed in maniera inesorabile, è ormai giunto al suo culmine.

La televisione, la radio, internet, sanciscono la fine del masculus che nulla c’entra col maschio alfa, il macho latino, o colui che gira con la camicia sbottonata ed il petto villoso, espressioni caricaturali del significato assunto, con il tempo, da tale parola. L’aggettivo e sostantivo maschio, che ancora per poco sarà impresso sulle nostre carte di identità, ovvero l’altra forma caratterizzante la specie umana, parte integrante del dimorfismo sessuale, è prossimo all’estinzione.

Il maschio non esiste più perché nella società dove tutto è fluido, le differenze, in nome della ‘tutela delle differenze’, sono annullate e qualsiasi forma identitaria, di specificità ed appartenenza, tende a scomparire. Come i dinosauri milioni di anni fa o come i panda oggi. O come i poveri ed improduttivi pulcini maschi, verso i quali la ‘sensibile’ società occidentale, animalista ma abortista, ha lanciato mobilitazioni per salvarli dallo sterminio quotidiano degli allevamenti intensivi, mostruosità del consumismo dove l’utile ed il profitto vengono prima della vita, sia essa umana, animale o vegetale.

Con questo nuovo numero di Fuoco, grazie ai contributi di chi si colloca al di fuori del circuito conformista e politicamente corretto, analizziamo il fenomeno in atto da una prospettiva verticale ed orizzontale allo stesso tempo. L’uomo maschio, infatti, racchiude nella sua creativa composizione letteraria sia l’elemento spirituale, ormai perduto al punto che l’uomo contemporaneo è una conclamata parodia del vir latino, espressione di virtù nei confronti della famiglia, della comunità e dello Stato; e sia la componente biologica, quella differenziazione sessuale a cui prima accennavamo, abbattuta sotto i colpi di una ‘femminilizzazione della società’ che, alterando gli equilibri, porta con sé gravissime conseguenze.  

Probabilmente, se i nostri bisnonni fossero ancora in vita, resterebbero frastornati dinanzi ai fenomeni schizofrenici che contraddistinguono i tempi ultimi, ove in nome del progresso e dell’amore libero, il tessuto sociale va sempre più lacerandosi, autodistruggendosi tra lotte intestine che vedono contrapporsi soggetti non più rispondenti alla propria natura. Maschi evirati e che fuggono dalle loro responsabilità di uomini, di mariti e di padri, reagiscono in maniera scomposta, infantile ed anche violenta, alle rispettive controparti femminili che, nonostante le rivendicazioni di una maggiore indipendenza, autonomia e potere decisionale all’interno della vita civile, non riescono ad affrancarsi da quella svilente operazione di mercificazione e di strumentalizzazione di sé stesse, tipica della società dei consumi. E nel mezzo, un po’ di qua e un po’ di là, ecco irrompere il gender caos, per cui l’origine sessuale è un dato fluido, liquido e opinabile, frutto della propria ‘auto-percezione momentanea’.

Come qualcuno ha evidenziato, in un mondo senza Dio e animato da un odio viscerale per il Sacro, ove non esiste più il dovere in nome della Verità e della Giustizia, ma il diritto informato dal relativismo assoluto, il padre, sotto qualsiasi forma lo si voglia intendere, è stato rifiutato. Rifiuto di Dio in quanto Padre celeste, guida nella conduzione di un’esistenza secondo principi e virtù, rifiuto dell’uomo in quanto padre, riferimento all’interno della famiglia quale primordiale formazione sociale, la cui funzione pedagogica è l’imprescindibile base del vivere civile all’interno della comunità – lavoro, scuola, rapporti sociali – e dello Stato – senso di responsabilità, dovere, abnegazione. In altre parole, la cesura di qualsiasi orientamento verticale, asse di un sistema organico fondato sull’autorità e la gerarchia dove ognuno, in base alla propria natura e qualificazione, occupa il suo posto in una compartecipazione di ruoli e di funzioni, determina quell’appiattimento orizzontale foriero di disordine e prevaricazione.

Pertanto, l’uccisione dell’uomo maschio sancisce l’abdicazione finale di un soggetto già da tempo malandato e decentrato, perduto sul piano spirituale ed irriconoscibile sul piano grossolano, ove ad un corpo sempre più ‘fluido’ ed indistinto, si associa una psiche fragile, insicura, timorosa, portata alla deresponsabilizzazione. Ed il risultato è l’inevitabile incremento della perdita di complementarità e polarizzazione, a discapito della donna stessa.

Ovviamente, come è uso fare all’interno di questa rivista, all’analisi/denuncia della situazione seguono le misure di difesa e resistenza, affinché, laddove esistano ancora esigue tracce di uomini maschi, questi possano risvegliarsi, riappropriandosi di un ruolo e di una funzione che esige, prima di tutto, l’assunzione di responsabilità verso sé stessi e gli altri. Fare proprio il dovere di padre, non derogando alla funzione educativa e, in simbiosi con il ruolo della madre, consentire ai figli di crescere in maniera equilibrata. Fare proprio il dovere di marito o fidanzato, a tutela e sostegno della donna in un rapporto di amore, ove l’unione non deve essere mai confusa con la possessione. Fare proprio il dovere di uomo il quale, in qualsiasi spazio sociale in cui è collocato, ha come imperativo quello di essere esempio. 

Infine, ci sia consentito un ringraziamento nei confronti di tutti coloro che, con entusiasmo, hanno reagito positivamente alla nuova iniziativa di Fuoco. Qualche scettico suggeriva come in un mondo sempre più digitalizzato (verrebbe da dire: materialista ma dematerializzato), una rivista cartacea sarebbe stato un ‘buco nell’acqua’; ed invece eccoci qua, a difendere, grazie ai numeri ‘importanti’ relativi alla diffusione del primo numero, una scelta controcorrente per cui, anche attraverso la carta stampata – quella libera e indipendente – è possibile compiere un atto rivoluzionario.

Se è vero che la carta brucia ed è un ottimo innesco per accendere il fuoco, adesso sta a noi ed a tutti i nostri sostenitori presenti e futuri, far sì che la fiamma resti imperitura e, conformemente alla sua natura di portatrice di luce e calore, raggiungere gli uomini e le donne che aspirano a restare in piedi, nonostante tutto. Non semplici redattori, collaboratori o lettori, quindi, ma incendiari e tedofori, affinché Fuoco, espressione di un tavolo permanente di incontro e confronto fra quelle intellettualità e quegli ambienti sani e non allineati al Sistema, sia un coro di anime libere da cui si leva, sempre più forte, una voce libera.

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