El Alamein. Un nome che riporta alla mente atmosfere di guerra e gloria. Un nome al quale sono e saranno eternamente legati tutti coloro che, nel 1942, hanno combattuto tra le dune del deserto del Sahara, in molti casi sacrificando la loro vita. Un nome, ancora, che vincola in un sacro giuramento quanti, anche a distanza di anni da quei sanguinosi giorni, hanno a cuore l’Italia e la sua storia. Che va recuperata, protetta e tramandata. Anche tutelando i luoghi simbolo in cui essa si è svolta.
E’ quest’ultimo, in estrema sintesi, lo scopo del “Progetto El Alamein”, nato nel 2008 su iniziativa della Società Italiana di Geografia e Geologia Militare (S.I.G.G.Mi.) come attività di ricerca istituzionale dell’Università degli Studi di Padova. L’idea base, come è spiegato sul sito siggmi.it, è quella di procedere alla “salvaguardia dell’omonimo campo di battaglia mediante l’individuazione, la mappatura ed il ripristino dei siti della linea del fronte, teatro del ciclo di combattimenti culminato con l’ultima battaglia di El Alamein o Battaglia Grande”.
Un’attività questa quantomai necessaria perché, come i ricercatori hanno potuto sperimentare nel corso di un sopralluogo effettuato nel 2007, molte delle opere belliche (postazioni, trincee, piazzole di artiglieria e ricoveri sotterranei) approntate dai contrapposti schieramenti versavano in condizioni di avanzato e preoccupante degrado. Per evitare che questo potesse portare “alla irrimediabile scomparsa delle preziose testimonianze ancora disponibili, i ricercatori italiani hanno ottenuto le autorizzazioni per un urgente programma di ricerca e documentazione mirato al conseguimento di due risultati: la creazione di una banca dati in cui far convergere tutte le informazioni utili per la valorizzazione dei siti delle battaglie e la definizione di un piano operativo per stabilire criteri di indagine e di interventi conservativi a vantaggio dei siti medesimi”.

Un lavoro importantissimo dunque, che è anche un censimento e, come è chiarito in un articolo su congedatifolgore.com, un’opera di “salvaguardia delle postazioni, dei resti, dei documenti e delle molte testimonianze materiali che può ancora restituire il deserto a ovest di Alessandria d’Egitto, dove si scontrarono le truppe dell’Asse (italiani e tedeschi) contro il Commonwealth e unità di altre nazioni alleate, tra cui i francesi”. Un lavoro importantissimo e prezioso, anche perché la costruzione di New Alamein, la nuova città (che arriverà ad ospitare, si dice, due milioni di abitanti) voluta ed inaugurata nel suo nucleo iniziale il 1 marzo 2018 dal governo egiziano, ha già in parte cancellato (e continuerà a farlo), il campo di battaglia di El Alamein. Un esempio? C’è un’autostrada a 8 corsie che passa dove c’erano le postazioni tenute eroicamente dalla Folgore.
Tra le varie attività realizzate da coloro che hanno dato vita al progetto El Alamein e lo hanno portato avanti, seppure con lentezza, anche in quest’ultimo periodo (difficile non solo per la pandemia ma anche a causa della instabile situazione geopolitica dell’area), ci sono le cosiddette “cleaning mission” (letteralmente “missioni di pulizia”). Si tratta in sostanza di sopralluoghi sul campo effettuati da volontari “con l’iniziale scopo di identificare e ripristinare le postazioni della Folgore nel tratto meridionale del fronte” prima e su tutto il fronte poi. Tali operazioni, iniziate nel 2010, sono servite non solo per pulire i siti, ma anche per ripristinarli, censirli e catalogarli. Le “cleaning mission” (ad oggi sono state diciannove e vi hanno preso parte circa 300 volontari) sono il frutto della collaborazione dei due enti promotori, della testata Congedati folgore e dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia. Il bilancio, a quanto si apprende dal sito della Società Italiana di Geografia e Geologia Militare, è stato molto positivo: tra i principali risultati ottenuti, la ricostruzione con precisione della linea del fronte all’epoca della Battaglia Grande e la localizzazione di siti di particolare interesse.

Oltre poi all’organizzazione e gestione – in particolare nel 2012 (in occasione del 70° anniversario della “Battaglia Grande” – di visite guidate a cui hanno partecipato circa 400 persone, nell’ambito del Progetto El Alamein sono state realizzate diverse altre attività. Come la staffetta intitolata ai Leoni della Folgore, che vede ogni anno, in occasione delle cerimonie commemorative officiate nel Sacrario italiano di El Alamein, “un gruppo di tedofori percorrere circa 110 chilometri attraverso i resti delle postazioni nel deserto, rendendo omaggio ai Caduti che in quelle buche si batterono valorosamente”. E come, ancora, conferenze e mostre tematiche che, nel particolarmente importante settore della divulgazione, si sono tenute sia in Italia che a El Alamein.
E ancora realizzazione, senza alcun finanziamento istituzionale e grazie alle sottoscrizioni di singoli donatori, di un Parco Storico, il cui progetto ha visto il posizionamento di circa 80 cippi in cemento armato (con lo stemma della Divisione che lì ha combattuto e indicazioni geografiche) nei luoghi principali dello svolgimento della Battaglia di El Alamein. L’area occupa circa 80 km di deserto, a partire dalla costa verso sud. Un’area in cui ci sono “numerosissime testimonianze della battaglia, date da postazioni individuali, trinceramenti, piazzole di artiglieria e ripari costruiti dalle due armate che qui si scontrarono durante l’estate del 1942”.
Da ricordare, infine, la “raccolta di reperti che testimoniano l’attività sul territorio dei due eserciti in armi. All’indomani del conflitto – si legge su siggmi.it – sul campo di battaglia giacevano grandi quantità di relitti ed oggetti di tutti i tipi. Alcuni resti smembrati e corrosi di tali oggetti giacciono ancora oggi sepolti nella sabbia e solo occasionalmente sono rinvenuti dai ricercatori. Una parte di questi reperti è stata selezionata per essere esposta nella “Sala dei Cimeli” del Sacrario Militare Italiano di El Alamein. È attualmente in corso il progetto per il rifacimento e la riclassificazione di questi oggetti”.

Il Progetto El Alamein dunque, come abbiamo visto, si articola in numerose attività, alcune delle quali concluse, altre ancora in corso e altre ancora da mettere in atto. Tra queste ultime, “una mostra permanente collaborazione col Museo del Sacrario Militare, la realizzazione di una collana incentrata sulla storia delle battaglie, la preparazione di un documentario con le interviste ai reduci della campagna in Africa Settentrionale”.
Nell’ambito delle pubblicazioni, in particolare quanto alla collana “Saggi di Geografia militare”, rileva la prossima uscita del volume “Ruote nel deserto” (a cura di Toni Vendarme e Aldino Bondesan), la cui uscita in libreria è prevista per la primavera 2021.
Stando inoltre a quanto precisa congedatifolgore.com, nonostante la pandemia e i problemi geopolitici le attività di quelli del Progetto El Alamein, pure rallentate, non si sono mai fermate. E’ infatti stato predisposto il progetto di riordino e restauro della Sala dei Cimeli del Sacrario Militare di El Alamein. A proposito del Museo, “sono state elaborate diverse proposte progettuali che prevedono soluzioni diverse a seconda dei fondi che saranno resi disponibili dalla campagna di finanziamento. Tali soluzioni vanno da un approccio più tradizionale (che prevede l’allestimento di nuovi pannelli e il riordino dei materiali e delle bacheche esistenti) all’impiego di soluzioni più innovative con totem multimediali e apparati audiovisivi d’avanguardia”. L’inizio dei lavori, che verranno realizzati dopo l’approvazione di Onorcaduti con il contributo dei volontari del Progetto El Alamein, è previsto per il 2021.
Nel quadro dell’impegno alla manutenzione periodica del Parco Storico del Campo di Battaglia di El Alamein, inoltre, verrà inoltre a breve sostituita la Targa del cippo numero 1, donato dalla Presidenza della Camera dei Deputati e posizionato all’inizio della Pista Bresciani.

Di particolare impatto e significato, infine, la partenza dall’Italia a febbraio di 12 tricolori che saranno issati nel 2021 sui pennoni del Sacrario di El Alamein progettato da Paolo Caccia Dominioni a proseguire l’iniziativa iniziata nel 2017. Quelli ammainati, ricorda ancora congedatifolgore.com, “dopo avere sventolato nel cielo di El Alamein vegliando sulle spoglie dei nostri Caduti, tornano in Patria per essere donati a personalità, associazioni o enti che si siano prodigati per il successo delle iniziative collegate al Progetto e per la conservazione della memoria della battaglia e del sacrificio dei Caduti. È facile immaginare quale messaggio etico e qual emozioni siano contenute in quel drappo, accompagnato da una attestazione del Direttore del Sacrario Militare che ne sancisce la provenienza ed il periodo di esposizione”.