Finché l’appello era stato rivolto solo al personale sanitario, i toni si erano accesi per quei pochi, per lo più infermieri (“poveretti non hanno mica studiato medicina…!”), che si erano imboscati per non farsi vaccinare (“traditori!”). Già si paventava la minaccia dell’obbligatorietà per decreto. Mai qualcuno che avesse ricordato – per un momento soltanto in quei giorni dove i giornaloni scottavano di brutto – che la tanto declamata Costituzione sancisce, per queste cose non di poco conto, una riserva di legge assoluta e pure “rinforzata” (per i profani: niente decreti, de-cretini od ordinanze del commissario, solo la legge, quella dei Parlamenti, può stabilire l’obbligatorietà di un trattamento sanitario con il limite invalicabile di rispettare la dignità della persona; andiamo bene, direte voi… Beh, questo passa il convento, amici miei!). Poi, con gli anziani, la cagnara si è acquietata e gli appelli sono stati fatti “rappare” direttamente dalle loro dentiere: appena fuori dagli “hub”, con la capacità di intendere e di volere di chi è appena uscito da un “pub”, sobillate dal giornalista prezzolato dalla “big-pharm”, le nonnine hanno sibilato: “anche noi siamo nel club”! E via con il teatrino della propaganda a costo zero. Si sente ancora l’eco di Giucas Casella da Mara Venier: “ti vaccinerai in RAI… quando lo dico io!”.
Ora, tocca al personale docente scolastico e a quello universitario. Gente tra cui qualcuno con un po’ di sale in zucca c’è ancora (strano ma vero…!), che è abituato a porsi domande, forse pure a vivere e lavorare di e con la scienza, quella seria, fatta di dubbi e confutazioni (e per questo, direbbe Guénon, “profana”, né veritiera né certa): non ci avevano forse insegnato che la scienza ci aveva liberato dai dogmi della fede, brutta e cattiva, oscura e “medievale”? Eppure, anche i banchi scolastici e le aule universitarie ora si stanno scaldando, e di certo non perché girano sulle rotelle: “Gianluca, quando hai prenotato il vaccino?”. “Elio, giovedì è il tuo turno, puoi finalmente prenotare!”. Una pressione morale, cieca, fideistica: “sono pronto a farmi iniettare di tutto”, risponde un ricercatore di alto livello, mettendo in mostra il braccio, anche se a me sembra faccia il gesto dell’ombrello (o almeno ci spero…).
Vigliaccamente lo Stato preferisce evitare l’obbligo per legge, confidando nell’obbligo morale e nella pressione sociale. Nessun obbligo, nessuna responsabilità. Facile. Qualcuno si beve la risposta controcorrente: “Aspetto Sputnik”. Quando arriverà Sputnik, diremo: “Aspetto Sinopharm” e poi: “Attendo Soberana”! E sì perché anche altri vaccini sono stati prodotti dalle case farmaceutiche dei famigerati “paesi canaglia”, che, guarda caso, sono proprio quei paesi dove la politica ancora domina sull’economia, figuriamoci sulla farmaceutica e la medicina! E ancora, forse nemmeno questo è un caso, tra quei paesi ci sono proprio quelli dove si dimostra, con i fatti, che la medicina di prossimità salva e cura il 95% dei casi.
Insomma, qualche arma per uscire indenni dalle conversazioni a trabocchetto ce le abbiamo. Se invece non rispondi o annuisci senza prendere posizione, ti osservano guardinghi, incalzano con le domande, sperano di tirarti fuori la coraggiosa presa di posizione che avidamente attendono, per ostracizzarti, strabuzzare gli occhi e, finalmente, dare a te dell’oscurantista medievale, del No-Vax, del negazionista, bifolco ignorante che non crede ciecamente ai dogmi della scienza, proprio a te che alimenti i dubbi, che, invece, proprio la loro scienza ti ha insegnato a coltivare. Un bel cortocircuito, eh?
Per non bastare, appena in famiglia apprendono dalla D’Urso che il loro figlio/fratello/marito può vaccinarsi scatta la telefonata, il messaggino, l’invio del link: “quando ti prenoti?”. “Fallo per tua figlia”. E tu entri in un silenzio stampa che sai che per loro è già una presa di posizione abbastanza eloquente.
Per la verità, da queste parti nessuno è No-Vax a priori. Fosse anche solo perché il mondo dei no-trattino-qualcosa (No-Tav, No-Vat, No-Tap, No-Pat?) non è altro che quello strano e antico fenomeno che veicola istanze nobili antisistema per presto abortirle nel nulla cosmico più puzzolente: sfiatatoi del sistema fognario per evitarne l’implosione.

Sono un vaccinato, mia figlia fa tutti i vaccini, per delicati motivi familiari in passato mi è anche stato consigliato di vaccinarmi contro l’influenza stagionale, mi affido alla medicina ufficiale ma senza fidarmi troppo, osservo la medicina alternativa ma non credo alle pozioni degli stregoni. Di cosa non ci fidiamo per nulla, allora? Di questo sistema anti-pandemico tirato a colpi di direttive di organizzazioni mondiali, dove ad interessi geopolitici si sono frammischiati interessi da sciacalli, un sistema infarcito di pressapochismo e incompetenza da provincia dell’impero, condito con l’incapacità più totale della politica di dettare, libera e sovrana, l’agenda dei popoli contro la malafede degli approfittatori. E infatti che la pandemia sia ormai geopolitica sanitaria e che il virus abbia fatto da acceleratore di un processo di “transizione” (ecologica, digitale, di genere), già da prima dell’epidemia nella mente di questi poveri diavoli, è ormai evidente anche ai ciechi infettati dalla pandemia di Cecità del celebre romanzo di José Saramago. Mesi fa era roba da dietrologi complottisti, oggi è scritto nero su bianco sui “plan” da ricovero.
Hanno fatto della pandemia un gioco geopolitico sulla pelle dei malati che non hanno curato, sulla paura delle famiglie che hanno diviso e terrorizzato, sulla disperazione delle imprese che hanno chiuso e boicottato: la corsa al vaccino come la corsa agli armamenti nucleari della Guerra Fredda è una triste realtà che stride con i bollettini dei morti sbandierati dai TG.
Anziché ospedali da campo per salvare i malati e cure mediche per contrastare il morbo abbiamo assistito a “drive in” tirati su per conoscere la positività delle persone a prescindere dalla malattia. Colonne di blindati dell’esercito utilizzati per trasportare bare in uscita dalle città e il vaccino in entrata. Siamo in una Guerra multipolare mai stata così fredda come gli ottanta gradi sottozero di Pfizer-Biontech: attacchi hacker ai sistemi sanitari nazionali, dimostrazioni di forza nella produzione e nella somministrazione dei vaccini, enti regolatori strumentalmente utilizzati per approvare o disapprovare quelli propri o quelli altrui, contratti capestro con cui gli Stati calano le brache alle case farmaceutiche in cambio della vasellina, garanzie e diritti dei lavoratori stracciati da un nuovo modo di lavorare e vivere “smart”.
Lavora online, compra online, mangia online, scopa online, ridi online, studia online, discuti online, “vivi” online. Siamo stanchi e anche un po’ incazzati. Il virus non è più solo epi-demia, non è più solo pan-demia: il virus è ormai, a tutti gli effetti, una pole-demia. È una guerra tra mondi, è un fatto politico, è una questione di “polemos” tra “poleis”.
È difficile in questa trincea riconoscere l’amico ma il nemico ha ormai calato la maschera ed è sempre più riconoscibile. Difficile sbagliarsi.